DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - VIOLENZA SUL TRENO, DUE FERMATI: ERANO A UNA FESTA CON DROGA E ALCOL
Andrea Galli per il "Corriere della Sera"
polfer sul treno milano varese
I due predatori sessuali catturati ieri dai carabinieri erano in fuga, dopo aver violentato nella serata di venerdì una ventenne sul treno regionale 12085 della linea tra Milano Cadorna e Varese Nord, eppure sono scesi nella stazione successiva, quella di Venegono Inferiore, paese dove peraltro abiterebbero.
Di più: nonostante a bordo del convoglio la ragazza stesse cercando il capotreno invocando aiuto, e nonostante il medesimo convoglio fosse ancora sul binario per il tempo tecnico d'attesa di un minuto prima di ripartire, quei due sono entrati nella sala d'attesa, lunga sette passi e larga cinque, senza operatore allo sportello per la vendita dei biglietti. Su uno dei quattro seggiolini, c'era una seconda ventenne.
Hanno cercato di aggredire anche lei ma lei è scappata. I balordi, un italiano di 21 anni e un marocchino di 27, sono allora usciti dalla stazione indugiando sotto la telecamera, funzionante. Si sono diretti verso le vicine abitazioni. Non hanno cercato di nascondersi, magari lasciando la provincia di Varese. Per niente. E nemmeno hanno scelto di rifugiarsi da amici. Qui sono rimasti.
E nella notte tra sabato e ieri hanno accettato di partecipare a un festino di droga e alcol a Saronno. Grida, litigi, musica ad alto volume. Un residente del condominio ha chiamato i carabinieri. La pattuglia del Nucleo radiomobile ha identificato i presenti, senza dimenticarsi della nota di ricerca degli stupratori, del profilo emerso, cioè di gente stanziale che si muove sullo stesso proprio territorio, che era fiaccata dagli stupefacenti e dalle birre, che aveva forse convinzioni d'impunità nella certezza che nessuna, terrorizzata, avrebbe avuto la forza e il coraggio di denunciarli, per tacere del nordafricano il quale, irregolare, campava nell'evidente presunzione di non venir espulso.
polfer sul treno milano varese
La ventenne che era sul treno e aveva raccontato l'accaduto alla polizia ferroviaria, non omettendo particolari utili all'identificazione, è stata invitata a raggiungere la caserma. Ha osservato, indicato, mosso la testa. Rapida, decisa. Sì, eccoli, gli aggressori, che sarebbero identificabili anche da tracce biologiche lasciate sulla carrozza durante lo stupro.
A Varese, e non è retorica, a differenza di altre zone d'Italia la cooperazione interforze funziona e così, in meno di 48 ore, con piena soddisfazione della Procura di Varese al netto di «avvenimenti di estrema gravità e allarme sociale», nonché delle esistenze delle vittime inevitabilmente segnate, le indagini sono state chiuse.
Merito dell'accelerazione degli investigatori della Questura diretta da Michele Morelli, che hanno processato il resoconto della vittima nella stazione di Venegono Inferiore; e (gran) merito dei carabinieri del Comando provinciale guidato dal colonnello Gianluca Piasentin. Quel festino poteva essere uno fra i tanti, e la ragione poteva indurre a ipotizzare che mai lì in mezzo ci sarebbero stati i predatori.
Ma uno dei comandamenti nelle indagini è l'esercizio del dubbio: nutrire il dubbio, affidarsi a esso. Nella fedina penale dell'immigrato c'è una denuncia dello scorso ottobre (della polizia) per porto di oggetti atti a offendere, un coltello, l'armamentario di uno che vive di espedienti, mentre le note aggiuntive acquisite grazie agli informatori lo inserirebbero in un circuito di droga. Incensurato l'italiano che però, in relazione a una possibile tossicodipendenza, potrebbe essere una presenza fissa al fianco dell'altro, suo prigioniero, suo schiavo, suo complice pur di rimediare le dosi.
2 - «È STATO TUTTO ALL'IMPROVVISO NON RIUSCIVO A MUOVERMI» POI LI RICONOSCE E LI DENUNCIA
Andrea Galli per il "Corriere della Sera"
polfer sul treno milano varese
«Ero seduta sul treno, tornavo a casa dopo la giornata di lavoro. Come sempre. Stavo guardando il cellulare... Quei due sono arrivati all'improvviso. Di colpo. Nemmeno il tempo di sentirli, di accorgermi di niente... Uno mi ha bloccata, mi teneva ferma, non riuscivo a muovermi, mentre l'altro...».
Ha 21 anni, è italiana, fa l'impiegata, ha rara forza e ancor più coraggio. La sua azione, anzi le sue azioni codificate - nel mantenere protetta l'dentità della donna - dalla denuncia e dalle conversazioni aggiuntive con gli investigatori, sono state una conseguenza logica, perfino dovuta. Così almeno sembrerebbe se lo scenario venisse osservato da fuori.
Ma nel momento, e subito dopo, aggredita, violentata, ferita, sola sulla carrozza di un treno serale dei pendolari nell'eventualità che quelli sarebbero anche potuti tornare, ha dapprima cercato il capotreno, ha raccontato a lui e poi, raggiunta dagli agenti della polizia ferroviaria nella stazione di Vedano Olona, ha raccontato anche a loro; è andata in ospedale per le cure, e ieri, al termine di due notti d'insonnia e ulteriore sofferenza, chiamata dai carabinieri per la possibilità di un riconoscimento, non ha esitato.
Si è presentata. Erano stati pochi secondi ma in quei secondi aveva memorizzato. Non le voci, poiché sembra che gli aggressori siano stati zitti; ma i vestiti indossati, parti dei lineamenti del volto. Dice un maresciallo che il riconoscimento non mai è un atto dovuto, c'è chi non se la sente, chi ha paura di ritorsioni, chi non ha fiducia nella giustizia, chi pensa che è inutile, tanto libereranno i colpevoli tra qualche giorno e nessuno pagherà.
E invece, nella caserma di Saronno, decisiva nella soluzione del caso che per il rischio di fuga avrebbe anche potuto registrare una dilatazione dei tempi, la ragazza ha avuto bisogno di attimi. Un cenno d'assenso, la conferma. Fine.
I volti erano quelli. Gli stessi ripresi dalle telecamere di sicurezza della stazione di Venegono Inferiore, minuscolo scalo ferroviario ma favorito dalla logistica: nel senso che la strada per arrivarci è a fondo chiuso, i binari sono due, e quelle telecamere accompagnano i movimenti dei passeggeri sia sulle piattaforme sia sulle uscite, una verso il centro del paese e l'altra sul retro dello scalo.
Adesso gli interrogatori, il contrattacco degli avvocati rispetto all'impianto accusatorio, la posizione di uno dei fermati - l'incensurato italiano - e le loro difese, definiranno il seguito giudiziario. Ma come ribadito fin da subito in Questura, la presenza di tracce biologiche «completerebbe» i fatti senza margini di discussione, dovendo in aggiunta ricordare l'allineamento descrittivo della seconda vittima, la ventenne seduta nella stazione e salva in quanto, come riferito da fonti della Procura, ha potuto vedere in faccia i due che entravano nella sala d'attesa, accorgersi di una strana, pericolosa euforia, si scoprirà dopo provocata da droghe e alcolici, e dunque avere la possibilità di stare in guardia e prepararsi la salvezza.
Ha spinto la porta a vetri, è corsa fuori; l'esterno della stazione incontra delle case a più piani, e una trentina di metri più avanti una strada trafficata. Difficile che i balordi potessero inseguirla fino a lì. Balordi la cui descrizione corrispondeva, per altezza e corporatura, a quella che, in contemporanea, l'altra giovane stava facendo agli agenti, senza che le due vittime sapessero d'avere avuto un quasi identico destino.
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