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Rosario Di Raimondo per www.repubblica.it
Poche settimane fa, a Guastalla, i predoni del Parmigiano hanno impiegato quattro minuti per caricare sul furgone un tesoro da 50 mila euro. Incuranti delle telecamere di sorveglianza, hanno sfondato l’ingresso del magazzino, sradicato l’antifurto, scaricato un estintore in faccia ai cani per intossicarli e non farli abbaiare. E sono fuggiti con 68 forme.
Da tempo, nelle campagne emiliane, i proprietari dei 350 caseifici dormono con un occhio sempre aperto. Da Modena a Reggio, da Parma (fino alla lombarda Mantova), bande specializzate razziano il prezioso formaggio di queste terre. Tanto che lungo la via Emilia si stanno costruendo degli enormi bunker dove i produttori possono conservare il formaggio e difendersi dai ladri. Il prossimo gennaio, a Montese, provincia di Modena, cominciano i lavori per realizzare uno di questi caveau.
Un investimento da nove milioni di euro per una struttura di diecimila metri quadrati che arriverà a contenere, lungo scaffali lunghi complessivamente 85 chilometri, 170 mila forme di Parmigiano. Cioè l’87 per cento dell’intera produzione della provincia. Qui il formaggio sarà conservato per la stagionatura seguendo tutte le procedure di rito, ma soprattutto sarà custodito. Sotto stretta sorveglianza.
La società che ha presentato il progetto è la Gema Magazzini Generali. A una manciata di chilometri di distanza, nel Reggiano, possiede già un altro bunker che conserva 230 mila forme: «Garantiamo tre o quattro livelli di sicurezza. A volte il singolo caseificio ha solo un campanello d’allarme che, però, suona nel deserto» dice Camillo Galaverni, rappresentante di Gema.
Ad essere presi di mira, in particolare, i piccoli caseifici, più isolati e vulnerabili. «Dietro questa piaga c’è una vera e propria organizzazione» dice Riccardo Deserti, direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che tutela il marchio.
«Nel 2016 avevamo avuto dei mesi più tranquilli, ma a ridosso di Natale c’è stata una nuova impennata: da settembre a oggi contiamo una ventina di furti o tentati furti e circa 1.500 forme sparite. Ogni forma vale circa 350 euro, quindi il conto è semplice: mezzo milione di euro».
Il bilancio di questi anni ha un sapore amaro. «Tra la fine del 2013 e il 2015 sono state rubate ventimila forme», continua Deserti. Significa sette milioni di euro andati in fumo, 600 mila chili di formaggio «che finiscono in canali diversi da quelli ufficiali», in mercati paralleli e illegali. I bunker possono servire? «Sì, ma serve anche una cabina di regia con le forze dell’ordine e un’operazione di intelligence per contrastare il fenomeno» conclude Deserti.
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