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MARCHIO FALSO, INCULATA VERA - UN ITALIANO SU QUATTRO AMMETTE DI COMPRARE PRODOTTI CONTRAFFATTI, UN MERCATO CHE VALE OLTRE 32 MILIARDI E SI MUOVE PREVALENTEMENTE ONLINE - IL GIRO D'AFFARI HA ENORMI CONSEGUENZE: GLI ESERCENTI, DANNEGGIATI DALLA CONTRAFFAZIONE, ALZANO I PREZZI E STANGANO QUEI CONSUMATORI ONESTI CHE NON FANNO ACQUISTI ILLECITI - SECONDO LE STIME DEGLI ESPERTI, ALMENO UN 30% DEI RINCARI ANNUI È LEGATO ALLA NECESSITÀ DI…

 

1 - L’INVASIONE DEI FALSI MARCHI: UN AFFARE DA 38 MILIARDI E UN ITALIANO SU 4 LI COMPRA

Francesco Bisozzi per “il Messaggero”

 

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Una tassa occulta di quasi 40 miliardi di euro pesa sulle imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Un conto salato da pagare e, a guardare le voci e i relativi importi presenti in questo speciale "scontrino", emerge che le principali minacce per la redditività di negozi, bar e ristoranti sono rappresentate dall'abusivismo commerciale, dalla contraffazione e dal taccheggio, che da soli "scippano" ai fatturati, secondo un'indagine Confcommercio-Format Research, tra i 22 e i 23 miliardi.

 

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Un consumatore su quattro, afferma la ricerca, ha acquistato un prodotto contraffatto o un servizio illegale nel 2023. E anche questo è un riflesso delle conseguenze che ha avuto l'impennata dell'inflazione dei due anni scorsi sulle possibilità economiche delle famiglie. Il consumatore illegale è un uomo, il più delle volte con un'età compresa tra i 18 e i 34 anni, impiegato, operaio o studente, con in prevalenza un livello d'istruzione medio-superiore.

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Nelle regioni del Centro il 24,3% dei consumatori del Centro ha acquistato prodotti o servizi illegali nel 2023, quindi più o meno in linea con la media nazionale.

 

Ma l'indagine, presentata in occasione della Giornata nazionale per la legalità ideata da Confcommercio, giunta all'undicesima edizione e intitolata "Legalità, ci piace!", va più in profondità. C'è il nodo controlli da sciogliere, con l'obiettivo di aumentare le verifiche sia sul territorio che on line.

 

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Nel 2023 l'illegalità è costata alle imprese del settore, per la precisione, 38,6 miliardi di euro, mettendo a repentaglio 268 mila posti di lavoro regolari. […] La ricerca Confcommercio-Format Research scatta una fotografia molto nitida della situazione. L'abusivismo commerciale costa 10,4 miliardi quello nella ristorazione pesa per 7,5 miliardi, la contraffazione per 4,8 miliardi, il taccheggio per 5,2 miliardi.

 

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Poi c'è da tener conto degli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) che ammontano a 6,9 miliardi di euro.

 

I costi legati alla cyber-criminalità, infine, ammontano a 3,8 miliardi di euro, sempre secondo le stime dell'Ufficio studi di Confcommercio.

 

L'usura, prosegue la ricerca, resta il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 24,4%), seguito da furti (23,5%), aggressioni e violenze (21,3%), atti di vandalismo (21,1%).

 

Più di un imprenditore su tre teme il rischio di essere esposto a fenomeni criminali e i furti sono il crimine che preoccupa maggiormente in termini di sicurezza personale, dei propri collaboratori e della propria impresa (per il 30,4%). La quota di imprenditori allarmata dal rischio di esposizione a usura e racket raggiunge invece il 22,2% a livello nazionale e tocca un picco del 25,6% al Sud (25,6%).

 

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Più grave la situazione al Centro Italia, dove il 36,8% degli imprenditori del terziario teme di essere esposto a fenomeni criminali quali furti, rapine, atti vandalici e aggressioni, contro una media nazionale del 33,9%.

 

Sempre al Centro i furti sono il principale crimine che preoccupa gli imprenditori del comparto sul piano della sicurezza della propria impresa, della propria persona e dei collaboratori (35,9%). Anche in questo caso il dato è sensibilmente superiore al valore riscontrato su tutto il territorio nazionale che è pari al 30,4%.

 

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[…] Ma come si muovono i consumatori che acquistano prodotti "taroccati"? La maggior parte (il 70,6%) ha utilizzato il canale online e circa la metà (il 45,6%) ha effettuato acquisti esclusivamente online, indica la ricerca. Capi di abbigliamento (64,1%), pelletteria (32,4%) e calzature (31%) restano i prodotti contraffatti più acquistati. E ancora.

 

La maggior parte dell'intrattenimento (86,4% della musica, film, abbonamenti tv), dei prodotti di elettronica (65,9%), dei profumi e cosmetici (59,5%) e dei parafarmaci (58,6%) passa dal canale degli acquisti online. Infine, il 66,4% dei consumatori ritiene che sui canali di vendita online sia più facile cadere nella trappola dell'acquisto inconsapevole di articoli contraffatti e al 21,5% degli intervistati è capitato di acquistare sul web prodotti contraffatti credendo che fossero originali.

 

2 - DALL’E-COMMERCE AI SOCIAL NETWORK SUL WEB IL 70% DELLE VENDITE ILLECITE

Estratto dell’articolo di Francesco Pacifico per “il Messaggero”

 

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Vale oltre 32 miliardi il business dei marchi italiani contraffatti. Parallelamente un quarto degli abitanti del Belpaese acquista con nonchalance merce contraffatta. E il 70 per cento di queste transazioni viene effettuata su canali online: direttamente da siti (per lo più collocati su domini extraeuropee) o attraverso piattaforme e social. Soltanto gli account di Instagram nel mondo destinati a diffondere prodotti falsi - secondo uno studio dell'università Cattolica e del Dipartimento per la Sicurezza - sono aumentati del 171 per cento in un quinquennio.

 

Ad acuire il fenomeno anche la diffusione delle cripto monete, sempre più usate dai giovanissimi o dai nuovi ricchi, quelli di Asia e Russia, e sempre meno tracciabili. Tutti pezzi che messi assieme hanno finito per colpire il settore del lusso: il Global Brand Counterfeiting Report ha calcolato che un terzo delle entrate del mondo dell'alta gamma è stato eroso proprio da un ecommerce che non rispetta le leggi, iniziando da quelle fiscali.

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[…] Gli effetti e i costi della maxillegalità sono diffusi più di quanto si possa immaginare. E il primo a pagare il conto è il consumatore finale.

 

Sì perché, l'esercente che si vede ridurre gli incassi per la concorrenza sleale degli ambulanti non autorizzati o per i casi di taccheggi (da soli valgono poco meno di tre punti di Pil) sceglie la strada più breve per rientrare degli introiti persi: alza i prezzi e recupera quanto perso. Secondo le stime degli esperti, almeno un 30 per cento dei rincari annui è legato alla necessità di riprendersi quanto non incassato.

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