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Valeria Arnaldi per "il Messaggero"
Gabriele Basilico, Territori intermedi
«Fotografare una città significa fare scelte tipologiche, storiche, oppure affettive, ma più spesso vuol dire cercare luoghi e creare storie, relazioni, anche con luoghi lontani archiviati nella memoria, o addirittura luoghi immaginari».
Così Gabriele Basilico, maestro della fotografia riconosciuto a livello internazionale, scomparso nel 2013, raccontava il suo modo di guardare - e immortalare - la dimensione urbana, in una riflessione sui luoghi e sul loro racconto, in cui il primo fine pare non essere quello di fermare gli scenari, ma anzi, al contrario, quello di lasciarli correre nella fantasia, alla ricerca di nuove luci, sensazioni, memorie.
Gabriele Basilico, Territori intermedi 2
EMOZIONI Alla sua filosofia dello spazio, anche come luogo e motore di emozioni, è dedicata la mostra Gabriele Basilico - Territori intermedi, a cura di Filippo Maggia, che, da domani al 6 gennaio, sarà visitabile a Catania, al Museo Civico Castello Ursino. Esposti oltre sessanta scatti inediti del fotografo - 120 quelli in catalogo - in una sorta di viaggio sulle sue orme, da metà anni Ottanta al primo decennio del Duemila.
Promossa e realizzata da Fondazione Oelle Mediterraneo Antico, in collaborazione con l'Archivio Gabriele Basilico, l'esposizione porta in primo piano scatti rimasti nascosti, magari sacrificati nell'ambito delle varie committenze, che illustrano però, proprio per questo, gli aspetti più intimi della ricerca di Basilico, le immagini che catturavano il suo sguardo al di là dei progetti in corso.
Gabriele Basilico, Territori intermedi locandina
«I territori intermedi sono i luoghi collaterali della ricerca di un maestro, una sorta di visione emotiva - afferma il fotografo Carmelo Nicosia, direttore della Fondazione - Sono riflessioni inedite su spazio e forma, temi centrali della sua ricerca. Gabriele lavorava moltissimo per commissioni fotografiche. Trovare queste derive empatiche, quasi romantiche, è stata una grande emozione».
Ornella Laneri, presidente della Fondazione, aggiunge: «Tali scatti, con i loro vuoti, oggi sono più che mai attuali. Il silenzio immortalato attrae profondamente. Queste immagini offriranno sicuramente spunti per riflettere anche sul futuro da re-immaginare».
Ecco allora Milano, in immagini del 1985, con ciò che resta di un palazzo - solo la facciata - in un'atmosfera sospesa, quasi surreale. E un gioco di luci a Valencia, nel 2000, che mentre sottolinea ogni dettaglio del paesaggio, per paradosso, di tanto bagliore pare fare quasi nebbia. Senza trascurare le geometrie di campi innevati nelle Langhe. Ancora, Beirut nel 1991, Israele nel 2006, San Francisco nel 2007. Poi, Montepulciano, Shangai, Rio de Janeiro e molto altro. La mostra è un'anteprima assoluta e rivela un approccio sino a oggi poco indagato all'interno della ricca produzione artistica lasciata da Basilico.
Gabriele Basilico, Territori intermedi 4
GLI SPAZI «I territori intermedi sono spazi fisici tangibili con lo sguardo, ma anche spazi mentali, indotti nell'osservatore dai vuoti, dalle assenze determinate da pause e silenzi nella costruzione visuale dell'immagine», sottolinea Maggia. Uno accanto all'altro, gli scatti, realizzati nel corso degli anni, illustrano anche il modo di lavorare di Basilico. «C'è una profonda attenzione alla penetrazione dell'immagine - prosegue Nicosia - Gabriele non cerca una restituzione enfatica, ma diretta, capace di toccare i sentimenti. Organizzeremo il convegno Il fotografo dal drappo blu, riunendo quanti sono stati suoi amici, come me, o hanno percorso una parte di strada con lui».
Gabriele Basilico, Territori intermedi 5
IN DIVENIRE L'iter si fa dunque viaggio nel tempo e nello spazio a illustrare pure un'idea di città sensibilmente mutata negli anni. In divenire. Così i territori intermedi diventano spunto per una più ampia riflessione sul Paese e sulla scena internazionale. Perfino sul momento.
«Io fotografo il vuoto come protagonista di sé stesso, con tutto il suo lirismo, con tutta la sua forza, con tutta la sua umanizzante capacità di comunicazione - spiegava Basilico - perché il vuoto nell'architettura è parte strutturale, integrante, del suo essere». E, talvolta, si fa storia.
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