DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Biondani e Leo Sisti per “L’Espresso”
Un dissidente perseguitato da un regime dittatoriale, protetto come rifugiato politico dalle autorità britanniche? No, un latitante, marchiato dalle corti di Londra come falsario e ladrone di un bottino miliardario, scappato all' estero proprio per non finire nelle prigioni inglesi.
La sentenza del tribunale di Perugia che ha condannato sei poliziotti e un giudice di pace per la contestata espulsione di una ricca signora kazaka, per cui nel 2013 si scatenò una bufera politica sull' allora ministro Alfano, si basa su una ricostruzione dei fatti che, secondo le verifiche effettuate dall' Espresso, risulta molto lacunosa.
E appare smentita da documenti e verdetti stranieri di cui i magistrati italiani sembrano ignorare l' esistenza. Al centro del caso c' è Alma Shalabayeva, moglie di un ex banchiere, Mukhtar Ablyazov, in fuga da oltre un decennio dal Kazakhstan, dove è stato condannato con l' accusa di aver rubato fondi statali per cifre colossali: circa sei miliardi di dollari. La signora è stata espulsa dall' Italia, il 31 maggio 2013, con la figlia di sei anni che viveva con lei in una villa vicino a Roma.
Per i giudici di Perugia (presidente Giuseppe Narducci) fu un «sequestro di persona» di «eccezionale gravità»: «un rapimento di Stato». Tra i dirigenti della polizia condannati in primo grado spiccano Maurizio Improta, ex numero uno dell' ufficio immigrazione, e Renato Cortese, passato alla storia dell' antimafia per la cattura del capo di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, dopo 40 anni di latitanza, e per molte altre indagini contro la 'ndrangheta calabrese e i più potenti clan criminali romani.
Nelle 283 pagine di motivazioni, depositate in gennaio, i giudici di Perugia dedicano al suo curriculum tre parole («significativi successi professionali») e infliggono a lui e ad altri tre poliziotti cinque anni di reclusione, con «interdizione perpetua dai pubblici uffici».
L' architrave delle condanne, ribadita più volte nella sentenza, è che «Alma Shalabayeva non poteva essere espulsa perché il marito aveva ottenuto nel 2011 lo status di rifugiato nel Regno Unito». I giudici di Perugia descrivono Ablyazov come «un dissidente, fondatore di un partito di opposizione, perseguitato dal regime kazako».
E precisano che «l' asilo politico» a lui concesso a Londra va esteso «conseguentemente alla moglie», anche in Italia. Nel suo interrogatorio Cortese spiega che la polizia italiana fu attivata per arrestare l' ex banchiere, perché «era nella lista dei ricercati dall' Interpol» con accuse da «mariuolo».
ALMA SHALABAYEVA KAZAKHSTAN ABLYAZOV
Ma il tribunale obietta che «l' unica circostanza processualmente decisiva è che erano state le autorità inglesi a riconoscere ad Ablyazov lo status di rifugiato». Un fatto giudicato «inconfutabile», che «preclude in radice l' apertura di un dibattito sulle qualità personali del rifugiato». E per scoprire la persecuzione kazaka del dissidente, incalza la sentenza, «sarebbe stato sufficiente digitare il suo nome su Google».
la villa dove e stato arrestato ablyazov in costa azzurra
Alle ricerche dai giudici su Internet sembrano però sfuggite le sentenze inglesi su Ablyazov, mai menzionate nelle motivazioni. Sono svariate decisioni dei tribunali britannici in dodici anni di procedimenti che hanno coinvolto rinomati studi legali fino alla Corte Suprema. Fin dal 2009 la banca statale kazaka Bta accusa Ablyazov di essersi «appropriato di 6 miliardi di dollari», fatti sparire nei paradisi fiscali attraverso «oltre mille società offshore».
Il giudice Nigel Teare dell' Alta Corte di Londra è il primo a interrogarlo. Ablyazov testimonia su sé stesso e nega qualsiasi illecito. Il giudice lo accusa di aver mentito in udienza e lo condanna per «oltraggio alla corte» a 22 mesi di reclusione. La sentenza è del 16 febbraio 2012: specifica che Ablyazov ha commesso una «frode su scala epica», per impadronirsi «con un disegno in malafede» di «soldi che appartenevano alla banca». Con quel verdetto di 46 pagine, la patente di rifugiato del 2011 perde efficacia: Ablyazov non va più accolto a Londra come rifugiato, ma arrestato. Infatti l' ex banchiere scappa alla vigilia della decisione.
La sentenza inglese riassume anche la vita di Ablyazov raccontata da lui stesso. Classe 1963, si laurea in fisica e viene assunto all' università statale del Kazakhstan. Con il crollo dell' impero sovietico si lancia negli affari e fonda la Astana Holding Company, con interessi nei media allineati al regime.
NAZARBAYEV CON LA TESTA DEL DISSIDENTE ABLYAZOV
Quindi diventa ministro dall' Energia. Ma poi viene inquisito e rimosso. A quel punto, nel 2001, fonda un partito di opposizione, "Scelta democratica del Kazakhstan". Nel 2002 viene condannato a sei anni e incarcerato. Ma già nel maggio 2003 ottiene la grazia dal presidente, Nursultan Nazarbaev.
Tornato libero, Ablyazov si trasferisce a Mosca, dove fonda altre imprese. E nel 2005 rientra trionfalmente in Kazakhstan, chiamato dal regime a guidare la banca Bta. Un dissidente particolare, insomma, promosso banchiere di Stato.
In pochi anni la Bta va in bancarotta con montagne di perdite. Nel 2009 Ablyazov fugge in Inghilterra, inseguito dalle cause dei kazaki, che lo accusano di aver concesso prestiti enormi a società offshore controllate segretamente da lui stesso «attraverso familiari e prestanome». Il 13 agosto 2009 il giudice William Blair (fratello dell' ex premier Tony Blair) firma il primo «freezing order», che congela il patrimonio di Ablyazov.
A quel punto il giudice Teare accerta che l' ex banchiere «non detiene beni a proprio nome: usa società intestate a fiduciari». Incalzato dalle domande, Ablyazov ammette di controllare «un patrimonio superiore a un miliardo di dollari». E perché si nasconde dietro le offshore? Risposta: «Per proteggermi da incursioni illegali del presidente del Kazakhstan».
La condanna per oltraggio alla corte riguarda «possedimenti inglesi» acquistati tra il 2006 e il 2008 per 35 milioni di sterline. Carlton House è una villa da sogno a Londra, in Bishops Avenue (detta "billionaires' row", la strada dei miliardari): comprende, tra l' altro, 9 camere da letto, una grande biblioteca, piscina e bagno turco. Qui è vissuto anche Madiyar Ablyazov, figlio di Alma Shalabayeva. Un secondo appartamento di lusso è situato al 17 di Alberts Court. E poi c' è una tenuta di 40 ettari a Englefield Green, a sei chilometri da Windsor. Si chiama Oaklands Park: otto case con giardini recintati tra prati, laghi e boschi privati.
Alma Shalabayeva con la figlia Alua nel giardino della casa in cui vive ad Almaty article
Queste proprietà inglesi, sulla carta, sono intestate a Salim e Syrym Shalabayev, fratelli di Alma. «Carlton House non è mia, sono solo l' affittuario», dichiara Ablyazov, sotto giuramento. Il giudice Teare analizza i dossier delle società offshore attribuite ai cognati. E conclude che «l' affitto è un imbroglio».
Ablyazov viene condannato per aver mentito negando di essere proprietario dei beni sequestrabili dalle corti inglesi; per aver continuato a gestirli violando l' ordine di congelamento; e per aver falsificato prove. Il 6 novembre 2012 la Corte d' appello conferma la pena con un pesante commento del giudice Maurice Kay: «È difficile trovare in una causa civile una persona che si sia comportata con più cinismo, opportunismo e in modo più subdolo di Ablyazov». L' ordine d' arresto inglese, riconfermato nel 2019, è ancora valido. E finora alla Bta è stato riconosciuto il diritto di recuperare 4,5 miliardi di dollari.
ablyazov interpol ricercato dai russi
A Londra, in tempi diversi, anche i fratelli Shalabayev vengono condannati per oltraggio alla corte: Salim a 22 mesi, Syrym a 18. Mentre il verdetto su Ablyazov fa partire anche la procedura amministrativa di revoca dello status di rifugiato, formalizzata nel 2014. Nel processo italiano, iniziato nel 2018 e chiuso nel 2020, si parla però solo del permesso ottenuto nel 2011. E i poliziotti vengono obbligati a risarcire anche i «danni morali» subiti dai familiari di Alma Shalabayeva, compreso il marito latitante.
Il tribunale di Perugia ricostruisce minuto per minuto le tre giornate che hanno portato all' espulsione della moglie di Ablyazov, partendo dall' irruzione della polizia nella villa, per arrestare il latitante. La signora presenta un passaporto centroafricano con un nome falso: Alma Ayan. La perizia della polizia stabilisce che è stato «grossolanamente contraffatto», con quattro pagine sostituite, timbri mancanti e perfino «errori di ortografia in inglese e francese». Quindi la Procura di Roma concede il nulla osta all' espulsione.
Ancora il 31 maggio, fino alla chiusura dell' udienza di convalida, Alma continua a sostenere di chiamarsi Ayan. Solo all' ultimo momento i suoi avvocati italiani dichiarano che è la moglie del dissidente Ablyazov, implorando di non mandarla in Kazakhstan. E mostrano per la prima volta un documento che il tribunale considera «decisivo»: un' attestazione di autenticità, firmata il giorno prima dall' ambasciatore centroafricano in Svizzera. Certifica che Alma ha «un passaporto di copertura», come il marito: un documento vero, ma con generalità false, rilasciato «per motivi di sicurezza». E a confermarlo, nel giugno 2013, è anche «una lettera del ministero della giustizia centroafricano».
La sentenza umbra non segnala che risulta spedita «da una cabina pubblica». E non registra nemmeno che in quei mesi la Repubblica Centroafricana era dilaniata da una sanguinaria guerra civile. Con un dittatore deposto, nel marzo 2013, da un colpo di stato militare. Quindi il passaporto diplomatico, rilasciato da un regime in rotta, risulta confermato da un ministro golpista. Come ha fatto Ablyazov a ottenere quei passaporti da agente segreto in una delle nazioni più povere del mondo? A Perugia non se lo chiede nessuno: solo le sentenze inglesi offrono uno spunto, parlando di «commerci di uranio in Africa».
Oltre all' attestazione centroafricana ottenuta dagli avvocati di Alma, il tribunale considera «dirimenti» le loro testimonianze orali. Secondo la polizia, la signora non poteva ottenere asilo in Italia «perché non l' aveva mai chiesto». Ma la sentenza ribatte che uno straniero può domandare protezione «senza alcuna formalità», anche a voce. E a giurare che Alma lo fece in extremis, quando capì che non riusciva a farsi passare per Ayan, sono stati proprio i suoi avvocati, sentiti come testimoni. E giudicati più credibili dei poliziotti che dicono il contrario. Anche se uno dei legali ha letto e firmato il verbale d' udienza, dove la richiesta d' asilo non c' è.
La sentenza si dilunga in conferme dell' attendibilità degli avvocati italiani, ma non si interroga sul ruolo dei legali stranieri. Per i testimoni normali è proibito ricevere soldi da una parte in causa. Gli avvocati invece vengono pagati per difendere gli interessi del cliente. Le cruciali attestazioni centroafricane risultano procurate da due legali: lo svizzero Charles De Bavier e il franco-canadese Peter Sahlas. Quanto hanno incassato dagli Ablyazov? Il tribunale se ne disinteressa. L' Espresso è in grado di colmare anche questa lacuna grazie ai Fincen Files, le denunce americane anti-riciclaggio (svelate dal consorzio Icij). De Bavier, tra ottobre 2013 e gennaio 2014, ha ricevuto 3 milioni e 450 mila dollari da una società offshore, inquisita per sospetto riciclaggio di denaro sporco, gestita dal marito di Madina Ablyazova, figlia di Alma e Mukhtar.
L' altro legale ha incassato 310 mila dollari, nel paradiso fiscale di Jersey, sempre dal genero degli Ablyazov, che gestisce tesori offshore per centinaia di milioni. Il processo di Perugia è nato proprio da una denuncia di Madina Ablyazova: anche lei ora attende rimborsi dai poliziotti italiani.
Venera (la sorella di Alma, la moglie del dissidente Ablyazov) con il marito Bolat Seraliev
Il tribunale ridicolizza anche l' allarme della polizia sul rischio che Ablyazov potesse girare armato, «come un Bin Laden kazako», osservando che è accusato solo di reati economici. Negli atti di una causa francese, però, la banca Bta scrive che Abklyazov è stato condannato all' ergastolo, in Kazakhstan, anche come presunto mandante dell' omicidio, nel 2004, del banchiere Yerzhan Tatishev, suo ex socio. Un finto incidente di caccia, smascherato anni dopo da una perizia di tre esperti americani, che ha fatto confessare il killer, condannato a dieci anni. Anche questi verdetti non vengono esaminati e criticati dal tribunale, ma totalmente ignorati.
L' Espresso ha chiesto più volte ad Ablyazov di replicare a queste sentenze. Dall' ex banchiere e dai suoi legali, nessuna risposta. Il tribunale di Perugia, per sintetizzare tutte le anomalie dell' espulsione di Alma Shalabayeva, la definisce «un caso unico». Questo è vero: negli ultimi 15 anni, solo altri 9 kazaki hanno chiesto asilo in Italia. Domande accolte: zero. Diversa la sorte della moglie del ricercato. In Kazakhstan, è rimasta nella sua casa, ha potuto rinnovare il passaporto e tornare pochi mesi dopo in Italia, dove ha finalmente chiesto e ottenuto asilo.
villa ablyazov palocco foto mezzelani carbone gmt gmt riproduzione vietata
Al processo i poliziotti hanno sostenuto, inutilmente, che il Kazakhstan «fa parte del sistema Interpol» e la Commissione per i rifugiati non lo considera un paese ad alto rischio come Eritrea, Somalia e pochissimi altri, dove le espulsioni sono vietate. Perfino con l' Egitto, nonostante l' omicidio di Giulio Regeni, dal 2011 al 2019 si contano più di mille decreti di espulsione all' anno. Solo nel 2013 l' Italia ha rimpatriato oltre 1400 cittadini egiziani. Nessuno di loro ha una famiglia miliardaria.
villa ablyazov palocco foto mezzelani carbone gmt gmt riproduzione vietatavilla ablyazov palocco foto mezzelani carbone gmt gmt riproduzione vietataSHALABAYEVA kazaklistan Shalabayeva alma SHALABAYEVAALMA SHALABAYEVAABLYAZOV ABLYAZOV CON LA FIGLIA Il passaporto della moglie di Mukhtar Ablyazov La moglie di Mukhtar Ablyazov con la figlia villa ablyazov palocco foto mezzelani carbone gmt gmt riproduzione vietata
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