malata di tumore

LA PANDEMIA DELLE CURE NEGATE – L’ALLARME DELL’ASSOCIAZIONE ONCOLOGICA MEDICA: UN MILIONE DI MALATI SONO RIMASTI SENZA CURE, SALTANDO ANCHE VISITE DI CONTROLLO E SCREENING CHE HANNO FATTO PERDERE PER STRADA ALMENO 15MILA DIAGNOSI DI TUMORI - DA INIZIO PANDEMIA CI SONO STATI OLTRE DUE MILIONI DI RICOVERI IN MENO RISPETTO AL 2019 E SONO SALTATI CIRCA 600MILA INTERVENTI – TONINO ACERI, PRESIDENTE DI EQUISALUTE: “PER GLI ALTRI MALATI LA SANITÀ C'È SOLO SEI MESI ALL'ANNO…”

Paolo Russo per “La Stampa”

 

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Qualcuno l'ha già definita la pandemia delle cure negate, destinata a lasciare strascichi non meno gravi dei danni provocati dal Covid. Che prima o poi passerà, mentre il cancro resta e dal 2020 al 2021, secondo l'Aiom, l'associazione di oncologia medica, un milione di malati oncologici hanno finito per restare senza cure, saltando anche visite di controllo e screening che hanno fatto perdere per strada almeno 15 mila diagnosi di tumori. Ritardi che quando si parla di cancro possono diventare fatali.

 

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La piaga in realtà si era già aperta durante le prime ondate del 2020. Il problema è che dopo un anno ci siamo fatti trovare di nuovo impreparati, con ospedali e ambulatori andati in tilt con la quarta ondata dovuta a Omicron, che a gennaio di quest' anno ha spinto sopra quota 20 mila i ricoveri nei reparti di medicina. Numero non distante dal picco dei 25 mila della prima ondata. Solo che la lezione di allora non è servita a niente perché gli ospedali non hanno organizzato quei percorsi «pulito-sporco» che servono a separare i contagiati da chi non lo è, finendo per paralizzare interi reparti. Così lo sforzo compiuto dai medici per recuperare parte dell'arretrato nei mesi di tregua concessi dal virus lo scorso anno ha finito per essere vanificato e travolto dalla quarta ondata.

 

Malati di tumore al polmone

E il bilancio di questa pandemia nella pandemia è tornato a farsi tragico. I numeri ce li forniscono il sindacato dei medici ospedalieri Anaao e l'associazione Salutequità, che ha messo su un monitoraggio sugli interventi e gli accertamenti rinviati. Ebbene, da inizio pandemia ci sono stati oltre due milioni di ricoveri in meno rispetto al 2019, sono saltati circa 600 mila interventi chirurgici e persi per strada 4 milioni di screening oncologici. Per non parlare dei 14 milioni di visite specialistiche rinviate sine die.

 

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La Società italiana di chirurgia (Sic) stima un calo degli interventi chirurgici tra il 50 e l'80%. E tra dicembre e gennaio ben 16 Regioni più la Provincia autonoma di Trento hanno bloccato del tutto o in parte gli interventi non considerati urgenti con delibere varie. Ma come denuncia la Sic sono saltati anche interventi di asportazione di tumori o cardiologici per mancanza di posti nelle terapie intensive, dove bisogna comunque restare qualche giorno dopo operazioni che sono sì programmate, ma pur sempre molto delicate. «Sembra che non sia cambiato nulla dal marzo del 2020, quando con la prima ondata si decise di fermare tutti gli interventi non urgenti. Siamo nel 2022 eppure non siamo stati in grado di organizzare un modello che consenta di non bloccare le altre prestazioni sanitarie.

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In pratica i pazienti non Covid possono contare sull'Ssn solo sei mesi l'anno, da maggio a ottobre, e questo è grave perché a pagare sono solamente i malati cronici», lamenta Tonino Aceri, presidente di Equisalute. La sanità interrotta che rischia di lasciare le ferite più profonde è però quella della prevenzione. Solo il calo degli accertamenti oncologici, secondo l'Aiom, ha impedito la diagnosi di oltre 15 mila tumori e l'accertamento di altre 7.500 lesioni pre cancerogene. In tutto sono stati un milione gli esami saltati per la prevenzione dei tumori, che hanno comportato l'11% di diagnosi in meno e il 18% di interventi chirurgici saltati.

 

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«Non sono ovviamente i tumori a rarefarsi ma le buone pratiche di diagnosi e cura precoce ad arretrare. E nei prossimi anni ne pagheremo il prezzo. Peccato perché da tempo vedevamo calare la mortalità», è l'amaro commento del presidente eletto dell'Aiom, Francesco Perrone. Gli esami del tumore alla mammella dal gennaio 2020 al maggio 2021 sono andati giù del 28,5% e così 817 mila donne tra i 50 e i 69 anni hanno saltato controlli che secondo l'Osservatorio nazionale screening equivalgono a 3.500 diagnosi di cancro in meno.

 

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Per i tumori al colon gli screening sono andati giù del 34,3%. E anche qui il prezzo sono 1.376 tumori del colon retto non diagnosticati e 7.763 adenomi in stato avanzato non rilevati. Molte di queste cure negate resteranno tali. Altri accertamenti e interventi potranno essere recuperati, ma con tempi probabilmente biblici perchè le liste di attesa si sono nel frattempo allungate a dismisura. «In un anno possiamo recuperare il 70% degli interventi saltati - dice Marco Scatizzi, presidente Acoi, l'associazione dei chirurghi ospedalieri - ma un 30% dovrà aspettare fino al 2023, se riprendiamo a regime e non ci saranno ulteriori problemi».

 

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«Durante la pandemia abbiamo cumulato forti ritardi nelle visite mediche e negli screening che dobbiamo assolutamente recuperare», ammette il ministro della Salute, Roberto Speranza. Che poi ricorda come nel decreto di agosto prima e nell'ultima legge di Bilancio poi sia stato stanziato complessivamente un miliardo per lo smaltimento delle liste di attesa. In parte utilizzabili per acquistare prestazioni nel privato e in misura più consistente per permettere ad Asl e ospedali di pagare prestazioni extra ai loro medici.

 

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«Attualmente vengono retribuite 80 euro l'ora, solo che la metà se ne vanno tra tasse e contributi alle aziende sanitarie, che tra l'altro non tutte hanno adeguato la tariffa altrimenti ferma a soli 60 euro, che andrebbe comunque defiscalizzata», lamenta Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Anaao, il più rappresentativo sindacato dei camici bianchi ospedalieri. «Per il recupero di questa enorme mole di arretrato però serve assumere personale. In questa fase di emergenza dovremmo attingere al serbatoio degli specializzandi dal terzo anno in poi, superando tutte le pastoie burocratiche che frenano il loro trasferimento dalle università agli ospedali», propone Palermo. E questa volta i soldi per farlo ci sarebbero pure. Altro tempo da perdere no.

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