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Francesco Semprini per “la Stampa”
Robert Baer, ex operativo della Cia, esperto di Medio oriente e terrorismo, qual è la differenza tra l' eliminazione di Abu Bakr al Baghdadi e quella di Osama bin Laden?
«Nessuna in linea di massima, gli effetti saranno gli stessi, qualcuno prenderà il posto di al Baghdadi così come al Zawahiri è succeduto a Bin Laden. Il timore è che accada ciò che è avvenuto dopo l' uccisione del fondatore di Al Qaeda, quando la spinta terroristica è divenuta persino più violenta e aggressiva».
Ha un'idea di chi sarà il nuovo Califfo?
«Sarà sicuramente qualcuno più efficace e pragmatico, o forse più razionale. Le atrocità compiute da Al Baghdadi hanno reso lo Stato islamico inaccettabile per la stragrande maggioranza de musulmani, anche per alcuni di quelli allineati su posizioni più radicali».
Donald Trump ha detto che gli Stati Uniti hanno già individuato il nuovo Califfo.
uccisione di al baghdadi trump nella situation room
«Credo proprio di no. Si può andare per tentativi, si possono individuare dei capi regionali o dei leader tribali ma forse nemmeno l'Isis, al momento, sa chi sarà la sua nuova guida».
I miliziani dell'Isis su Site hanno detto però che la jihad continua.
«Certo ed è questo il punto. Si pone troppo l'accento sulla leadership, non credo che siano i leader il fattore trainante dell' estremismo sunnita. Basta guardare Abu Musab al-Zarqawi, fondatore di Al Qaeda in Iraq (antesignano di Isis) il quale è stato velocemente sostituito da Abu Omar al Baghdadi e quest' ultimo, nel 2010, da Abu Bakr al Baghdadi».
È plausibile un loro riavvicinamento ad altre formazioni terroristiche?
«Gli apparati di sicurezza occidentali hanno dibattuto per anni sulla rivalità tra al Qaeda e Baghdadi, ma lui sino a due giorni fa viveva nelle zone controllate dai qaedisti. Di fatto si tratta di realtà che appartengono allo stesso movimento, quello di un certo estremismo salafita. Se in passato si sono combattuti fra loro è stato solo per dispute contingenti. Sono formazioni che, a seconda della convenienza, possono riunirsi e allearsi. Questo ci sfugge e, come tutte le cose che non conosciamo, ci angoscia maggiormente».
Quindi l'Isis sopravviverà ad Al Baghdadi?
«In qualche modo sì, potrà cambiare nome, potrà aver un nuovo leader e forse una modalità operativa diversa, ma sopravviverà. E questo anche per un motivo politico fondamentale, ovvero dinanzi all' ascesa dell'Iran, a cui gli Stati Uniti stanno consegnando il Medio oriente, l'unico collante per il mondo sunnita è l'estremismo violento».
Quindi le ragioni della sopravvivenza di questi movimenti sono di scala più ampia?
«L'elemento su cui occorre riflettere è il caos che domina il Medio Oriente. Basta guardare a cosa succede in queste ore in Libano o in Iraq. Questo unito agli effetti delle grandi migrazioni, e ai cambiamenti climatici che sovente sono all'origine delle crisi non aiuta certo a sconfiggere il terrorismo, al di là di chi sia il capo di un'organizzazione. L'estremismo sunnita ha imparato ad essere camaleontico, a cambiare velocemente pelle e leader, ad adattarsi alle mutazioni e alle sfide che provengono all'esterno. Al Baghdadi in questo disordine regionale è solo una goccia nell'oceano».
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