DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gabriele Rosana per “il Messaggero”
Porte chiuse agli americani non vaccinati che vogliono venire in Europa. Dopo un'estate che ha visto la riapertura senza eccezioni, per quanto unilaterale, al turismo in provenienza dagli Stati Uniti, ieri il Consiglio dell'Unione europea - dove siedono i ministri in rappresentanza dei governi dei ventisette Stati membri - ha rivisto la posizione adottata a giugno e depennato gli Usa dalla lista verde dei Paesi per i quali l'Ue raccomanda la rimozione delle restrizioni all'ingresso e l'apertura delle frontiere per i viaggi non essenziali.
Il cambio di passo nei confronti dei turisti a stelle e strisce non è però automatico, e anzi si preannuncia già carico di incognite soprattutto per chi - com' è diffusa abitudine fra i viaggiatori d'Oltreoceano - una volta nel Vecchio continente vuole visitare più di un Paese, dalle città d'arte italiane alle spiagge della Grecia.
Quelle approvate ieri dal Consiglio Ue sono infatti modifiche a una raccomandazione non vincolante: ciascuno Stato ha la possibilità di seguire la linea comune - e di continuare ad accogliere chi ha completato il ciclo vaccinale - oppure di applicare diverse regole nazionali, che possono andare dall'effettuazione di un tampone fino a una più o meno lunga quarantena all'arrivo; misure potenzialmente estendibili anche a chi è già immunizzato.
L'aggiornamento dell'elenco (una pratica che il Consiglio segue con cadenza regolare ogni due settimane) si basa sulle evidenze scientifiche: occorre che nel Paese non si registrino più di 75 nuovi casi ogni 100mila abitanti in un intervallo di 14 giorni; gli Stati Uniti, però, hanno fatto registrare numeri sei volte superiori alla soglia massima e il più alto picco nei contagi da marzo.
Dopo un inizio sprint, la stessa campagna di immunizzazione è al palo, con l'Ue che ad agosto ha superato le percentuali dei cugini al di là dell'Atlantico. Già nelle scorse settimane Germania e Belgio avevano catalogato gli Stati Uniti come zona rossa.
Gli Usa non sono da soli nell'esclusione approvata ieri a maggioranza dai ministri Ue, al termine di una procedura scritta avviata venerdì dalla presidenza di turno e che preannuncia nuove misure anti-Covid nell'autunno alle porte.
Proprio in ragione del crescente numero di infezioni, la decisione taglia fuori anche Israele, che pure ha svettato nelle classifiche mondiali delle somministrazioni di vaccini; via dall'elenco anche Kosovo, Libano, Montenegro e Macedonia del Nord. Rimangono nella lista, invece, 17 Paesi; tra gli altri, anche Giappone, Canada, Arabia Saudita, Nuova Zelanda e Australia.
LA RECIPROCITÀ
La ripresa dei viaggi non essenziali da e per gli Usa è pure un piatto piuttosto amaro delle relazioni transatlantiche con l'amministrazione Biden: la decisione tecnica di ieri è arrivata al termine di mesi in cui in molti (presidente della Commissione Ursula von der Leyen in testa) da Bruxelles hanno ripetutamente chiesto a Washington in nome della reciprocità la rimozione - mai arrivata - del divieto agli spostamenti degli europei verso gli Stati Uniti.
Il tema è stato al centro dell'incontro che la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson ha avuto, nelle stesse ore in cui il Consiglio si preparava ad approvare l'emendamento, con il suo omologo americano Alejandro Mayorkas.
Non tutti i ministri si sarebbero trovati d'accordo con la nuova stretta: alcuni distinguo si sono registrati soprattutto fra i Paesi più attenti alla ripresa dell'industria turistica, mentre altri hanno insistito sulla questione del pari trattamento tradito da Washington. Malumore e pure perdite in Borsa tra le compagnie aeree di lunga percorrenza, che avevano visto uno spiraglio nella riapertura dei collegamenti intercontinentali.
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