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Estratto dell’articolo di Carlo Macrì per il “Corriere della Sera”
«All’improvviso quell’uomo, Haukar, si è avvicinato a mia figlia ed è salito sopra di lei appoggiando entrambe le ginocchia sul petto, premendo forte con tutto il peso del suo corpo. Ho cercato di gridare dicendogli di spostarsi e lasciarla in pace, ma lui ha proseguito nel suo intento sino alla morte».
Gli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria, guidata da Gianfranco Minissale, restano impietriti di fronte alle dichiarazioni di Mojda Omar, 41 anni, madre di Maylan Ghader, 16 anni, soffocata sul veliero in avaria, da un sopravvissuto al naufragio di Roccella Ionica. L’uomo, Ahmadi Haukar, 27 anni, curdo iracheno, è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario, con l’aggravante di aver ucciso una minorenne.
Un omicidio senza un perché da parte di un uomo che i sopravvissuti hanno definito «violento e irascibile», tanto che durante la traversata si è accanito anche contro la moglie e la figlia, entrambe annegate nel naufragio.
«Fino a qualche istante prima dell’aggressione — dice Mojda —, mia figlia parlava ed era tranquilla. Anche se nei giorni precedenti aveva bevuto molta acqua di mare, aveva nausea ed era priva di forze.
[…] Poi quell’uomo le si è rovesciato addosso e non l’ho più sentita.
Penso sia morta quasi immediatamente perché dopo aver subito quello schiacciamento non ha mostrato più segni di vita». […] «Mio figlio Naser si è avvicinato alla sorella dopo che Haukar l’aveva soffocata e si è accorto che non aveva più battito. Nessuno di noi ha potuto intervenire per salvarla, perché eravamo esausti e senza forze».
Haukar, intanto, dopo l’omicidio, andava su e giù per l’imbarcazione semi affondata passando sopra i cadaveri di altri migranti. Non pago per quel che aveva fatto, il curdo 27 enne ha iniziato ad inveire contro la madre della ragazzina. «Ero distesa a terra e lui mi ha poggiato le ginocchia sul mio collo. Pensavo volesse uccidere anche me...». Gli inquirenti riavvolgono il nastro del film dell’orrore e chiedono alla donna se avesse percepito durante la traversata qualcosa di strano in Haukar che potesse far pensare all’epilogo tragico.
«Si comportava strano — dice Mojda —, con tutti, sin dall’inizio del viaggio. Sulle prime avevo pensato che volesse violentare mia figlia e l’avevo lasciato stare pensando che si sarebbe calmato (...).
Aveva litigato con mio figlio nei giorni precedenti quando quest’ultimo chiedeva aiuto per spostare il corpo di mio marito (deceduto a bordo) e Haukar si è rifiutato di assisterlo». «Tre ore prima di essere uccisa, mia figlia indossava un pantalone. Haukar le aveva detto di toglierlo. Temevo la volesse violentare, invece voleva solamente vederla nuda». Un orrore inimmaginabile.
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