liana orfei

“IL MIO TRISAVOLO ERA UN PRETE CHE S’INNAMORO’ DI UNA ZINGARA” - LIANA ORFEI SI CONFESSA: “LASCIÒ L'ABITO TALARE E SI GUADAGNÒ DA VIVERE SUONANDO IL CLAVICEMBALO - GRAZIE A BERLINGUER APRIMMO IL COMMERCIO CIRCENSE CON LA COREA DEL NORD - FELLINI IDEO’ UNO SHOW COSTOSISSIMO E CI FECE FALLIRE - A MACERATA C'ERANO DUE ACROBATI: LEI DOVEVA SALTARE DAL TRAMPOLINO E ATTERRARE FRA LE BRACCIA DI LUI. LA CORDINA DI ACCIAIO SI SPEZZO' E LEI…”

Valerio Millefoglie per “il Venerdì - la Repubblica”

 

«Il tendone era stracolmo. Venivo portata al centro della pista su un baldacchino trasportato da sei nani, circondata da migliaia di rubini Swarovski. Il pubblico faceva: ohhh. Che bella sensazione. Tremila, quattromila bocche che pronunciavano all' unisono ohhh. E io ero la regina di tutto questo».

LIANA ORFEI

 

Liana Orfei, 81 anni il prossimo 6 gennaio, figlia di Paride Orfei, sorella del domatore Nando e del lanciatore di coltelli Rinaldo, cugina di Moira, compagna di Totò sul set e interprete di molti altri film: dal centro di quella pista non sembra essere mai uscita. Così un pomeriggio di fine novembre, nel teatro Tendastrisce di Roma, alle spalle della biglietteria dove non c'è nessuno in coda, mi accoglie in un prefabbricato che è come una casa, riscaldato da foto, locandine, statuette e cimeli provenienti da ogni parte del mondo e delle epoche da lei vissute.

LIANA ORFEI CON I FRATELLI NANDO E RINALDO

 

Avvolta in un boa azzurro, pronuncia ogni frase in modo spettacolare alla platea di un'unica persona. Si può solo rimanere in silenzio e assistere: «Questa sono io con uno dei quattro Papi che ho conosciuto, questa sono io con il Royal Ballet of Moscow, questa stampa di una tigre me l'hanno regalata quando siamo andati a Pyongyang: grazie a Enrico Berlinguer abbiamo aperto il commercio circense con la Corea del Nord, siamo stati i primi.

 

Questo è il quadro di Happy Magic, centocinquanta puntate su Rai 1, abbiamo aperto la fascia oraria dalle sette alle otto, prima del tiggì». Indico una pista di macchinine in un angolo. «Questa era di mio nipote. Ora studia ingegneria informatica. Da piccolo mi presentava in scena: "Signore e signori, ecco a voi Liana Orfei, mia nonna!". Il pubblico impazziva».

 

Le chiedo di raccontarmi qualcosa di quando lei era piccola, il suo primo ricordo. «Ho dei brevi lampi. Le posso descrivere l'armadio di mia mamma nella carovana. Era di legno chiaroscuro, con un grande specchio. Calzavo i tacchi di mia madre, tiravo su il tappetino del letto, che era una pelle di pecora, la indossavo e cantavo, poi parlavo, poi danzavo». All' improvviso non si alza più in piedi.

 

LIANA ORFEI

Dai quattro ai sette anni, a causa di una polmonite curata male, rimane allettata. Da sotto le coperte guarda i fratelli fare i salti mortali, le città dell' Emilia Romagna in cui si sposta il circo scorrono dal finestrino della carovana. Quando guarisce, decide di recuperare il tempo perduto imparando tutte le arti circensi e ancora oggi, nonostante il corpo sia una mappa di cadute, non riesce a stare ferma. «Per noi dormire è una cosa di passaggio. Viviamo molto. Io dormo tre ore a notte. Leggo, guardo la tv, faccio una torta».

 

LIANA ORFEI E FEDERICO FELLINI

Riesco a farla sedere. In sottofondo abbiamo il suono dello scorrere dell'acqua nella vasca dei pesci rossi, un flusso sul quale si posa la sua voce che torna alle origini. «Siamo gente che ha iniziato a fare questo per necessità. Il mio trisavolo, Paolo Orfei, un prete, s'innamorò di una zingara. Lasciò l'abito talare e cominciò a guadagnarsi da vivere suonando la spinetta, una sorta di piccolo clavicembalo.

 

Non potendo esibirsi nei teatri, perché scomunicato dalla Chiesa, si esibiva nelle baracche. Il concertino però non bastava, così nelle baracche ci portò l'asinello che faceva di conto, gli orsi ed ecco qui il circo. Siamo nati per la sopravvivenza giornaliera». Di suo padre ricorda le impeccabili camicie sempre inamidate, «anche se non c' era una lira per mangiare».

 

Il trapezio fu il suo primo sogno. E poi da grande ricorda che volava a cavallo di un grifone di cartapesta che agli occhi di un piccolo Arturo Brachetti, seduto fra il pubblico, pareva vero. Il suo ufficio stampa suggerisce: «Hai raccontato di come hai conosciuto Fellini?». E lei si esibisce nella replica della storia: l'agente di Fellini che la vede al circo mentre serve il fratello giocoliere e le dice che sta cercando volti nuovi, lei che non ci crede e lui che dice «Signorina verrò con la persona qualificata», e la persona qualificata naturalmente è Fellini. Finirà nella Dolce vita. Rievoca i fasti delle Mille e una notte, il circo pensato per la sua famiglia proprio da Fellini.

liana orfei, vittorio de sica, moira orfei e nando orfei

 

«Avevamo già pronto il circo dell'800 quando mio fratello Nando tornò a casa e disse che non si faceva più perché Fellini aveva proposto come tema le Mille e una notte». Al numero mille si arriva: 300 persone, automezzi viaggianti su strada e tre treni speciali, uomini, leoni e i costumi del premio Oscar Danilo Donati, «poveraccio, fu costretto da Fellini». Due anni e mezzo in giro per l'Europa. «Bellissimo» commenta ironica, «ci ha fatti fallire».

 

TOTO E LIANA ORFEI

Per ridimensionarsi idearono il Circo delle amazzoni, lo spettacolo cominciava con un cavallo di Troia dal quale uscivano 36 ballerine. Infine la separazione. «I miei fratelli erano due galli in un pollaio. Mia madre seppe tenere in mano la situazione. Mio fratello Nando ebbe un circo, mio fratello Rinaldo un altro circo e io niente. Avevo il cinema».

 

Di Orson Welles, accanto al quale ha recitato in I tartari, dice che era cordialissimo. Socchiude gli occhi e imita il suo sguardo furente. «Con me era molto carino, ma con la troupe tremendo. Era il superuomo consapevole di esserlo, con il disprezzo assoluto per tutto ciò che non era super, e siccome un super non accetterà mai un altro super, di super c' era solo lui».

 

LIANA ORFEI

Come un dizionario dei personaggi, per ogni lettera c'è un uomo e un aneddoto, alla T c' è Totò: «Voleva sapere tutto dei clown. Non gli interessavano i domatori, gli animali. Mi chiedeva continuamente se era vero che i clown erano persone tristi, sfortunate. Io gli spiegavo: "Guardi principe, il clown è solo un personaggio come un altro". Ma lui non si dava per vinto».

 

Poi, seduta sul bordo di un divano, si fa più seria e mi dice: «Adesso le spiego cos' è la gente del circo. La gente del circo è convinta che dentro i loro cancelli ci sia la sicurezza, se vai fuori ti può succedere qualcosa. Parlo della mia epoca. Adesso la gente di circo non c'è più, è rarissima. Non mi manca il successo, mi manca l' unità della famiglia.

 

LIANA ORFEI E MARCELLO MASTROIANNI

Da qualunque posto del mondo tornassi, la ritrovavo. Nando è morto. L' altro fratello cammina sulla stampelle. Il grande circo non esiste più. Eravamo un paese viaggiante: 107 cavalli, 70 stallieri, 7 sarte, parate di 120 persone. Eravamo l'avvenimento dell' anno. La festa grande. A Capodanno lasciavamo il pubblico fuori e festeggiavamo tra di noi con l'orchestra tutta la notte, con orologi d' oro in premio durante la tombola. Oggi non c'è più attesa. Ci sono il telefonino, la tv, il circo fa parte del mondo dell'intrattenimento. Prima era un mondo».

 

Non è neanche la legge appena approvata del «graduale superamento» degli animali a decretarne la fine, sembra dire. Più volte poi, ancora camminando fra vecchie foto e locandine, mi dirà: «Come faccio? Non si può spiegare questo mondo se non lo vivi. Lei sa spiegare cos' è una polverina magica?».

LIANA ORFEI

 

Ci fermiamo sotto un quadro in cui un clown osserva una ballerina di flamenco. Il clown è colorato. Della donna c'è solo il volto, il resto è schizzato, un fantasma a matita. «Lui era un clown spagnolo zoppo e lei era la moglie. Mentre la pittrice lo stava ritraendo, il clown ricevette una telefonata dalla Spagna, gli dissero che la moglie era morta. Il quadro da allora è rimasto incompleto». Ed è rimasto a lei. «Una volta a Macerata c'erano due acrobati cecoslovacchi. Lei doveva saltare dal trampolino e atterrare fra le braccia di lui.

 

LIANA ORFEI

La cordina di acciaio si annoda e si spezza, lei cade sull' asfalto. È una delle cose più brutte che ricordi nella mia vita; il rumore di un essere umano che cade, un tonfo fatto di carne che se ne parte in mezzo alle ossa che si rompono. Lo spettacolo però non si ferma mai». Mi concede un ultimo numero, quello del clown Lacrima, che prendeva botte da tutti. «Mi mettevo triste triste in un angolo. La luce andava via, rimaneva un faro su di me. Lo speaker diceva: "Il mio sogno era quello di diventare la stella dello spettacolo...".

 

LIANA ORFEI

Allora mentre diceva questo venivano fuori i nani. Uno mi levava i pantaloni, uno la parrucca. Rimanevo in un costume succinto, salivo sul trapezio e cantavo». E sembra di sentire ancora una volta il pubblico: ohhh. foto di copertina gli indomabili «Federico Fellini ideò uno show magnifico e costosissimo. insomma, fu lui a farci fallire» Attrice con Totò e Orson Welles, Liana è la regina del circo italiano e memoria di un' epoca d' oro. Fatta di grandi artisti e grandissimi litigi. «Entravo in pista tra quattromila ohhh» «I miei fratelli Nando e Rinaldo erano come due galli in un pollaio. Ognuno si fece il suo circo».

LIANA ORFEI