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Da il “Corriere della Sera”
Il non foltissimo pubblico del film di Robert Redford La regola del silenzio ricorderà i Weathermen, il gruppo terroristico a cui la vicenda si ispira. E proprio con loro si apre il libro di Bryan Burrough Days of Rage («Giorni di rabbia», Penguin Press). Fu infatti quella la prima organizzazione a votarsi alla lotta armata e agli attentati, negli Usa a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Ispiratisi, oltre che alla tradizione anarchica statunitense, ai guerriglieri dell’America Latina, alternarono all’esplosione di bombe tipiche dei primi, gli attacchi in stile tupamaros e le azioni di guerriglia urbana come il «giorno della rabbia», nel 1969.
In buona parte provenienti dai migliori campus, i Weathermen professavano un marxismo-leninismo in salsa maoista e castrista. Per il resto però erano figli della controcultura affermatasi negli anni Sessanta: il rock (il loro nome si ispirava a una canzone), l’uso di droghe, il linguaggio dei comunicati e il sesso di gruppo.
Se all’inizio l’organizzazione carente li favorì perché l’Fbi era meglio preparato a reprimere i gruppi gerarchizzati come il Partito comunista che quelli spontanei, sulla media distanza ciò si rivelò fatale, e i Weathermen furono rimpiazzati, nella storia della lotta armata, da sigle che scandirono il decennio successivo, dalla Black Liberation Army, di cui una degli esponenti principali era Silvia Baraldini, a The Family fino a United Freedom Front all’inizio degli anni Ottanta: tutti affermavano di lottare per gli afroamericani, anche se tali non erano la maggior parte di loro.
Rispetto al terrorismo europeo di matrice rossa, quello statunitense produsse pochissime vittime, i suoi leader (tra cui molte donne) erano più freak che leninisti e la società li visse, tranne forse nei primissimi Settanta, come degli alieni: pur tuttavia rappresentò un reale pericolo, a cui non a caso l’Fbi dedicò tutte le sue, diciamo così, amorevoli cure.
Weathermen
Weathermen
Weathermen
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