DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giacomo Amadori per “la Verità”
Il caso Consip è ormai come un libro giallo sotto l' ombrellone, un noir a puntate che non risparmia colpi di scena in piena estate. Ieri il giudice dell' udienza preliminare di Roma Nicolò Marino ha rinviato a giudizio per un nuovo capo d' imputazione, rivelazione di segreto d' ufficio, il deputato Luca Lotti, all' epoca dei fatti sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, e il generale dei carabinieri in pensione Emanuele Saltalamacchia (che comandava la Legione Toscana).
I due avrebbero ottenuto notizie coperte riservate in virtù dei loro ruoli istituzionali e le avrebbero poi riferite all' ex amministratore delegato di Consip Luigi Marroni (che era stato informato di essere intercettato).
Il gup ha, quindi, dato ragione al collega Gaspare Sturzo, il quale esattamente un anno fa aveva respinto la richiesta di archiviazione inoltrata al suo ufficio dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi nei confronti di Lotti e Saltalamacchia per questa ipotesi di reato. Gli inquirenti erano arrivati alla conclusione che per quelle spifferate si potesse contestare solo il favoreggiamento.
Sturzo aveva anche respinto la richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi, sospettato di traffico di influenze per le mediazioni a favore dell' imprenditore Alfredo Romeo nei confronti di Marroni e dell' allora amministratore di Grandi stazioni Silvio Gizzi e aveva chiesto nuove indagini per lui e altri otto soggetti.
Inoltre aveva disposto l' iscrizione sul registro degli indagati per nuove ipotesi di reato di Denis Verdini, Ignazio Abrignani e dell' imprenditore Ezio Bigotti. Per quanto riguarda Lotti e Saltalamacchia si trattava, invece, solo di inquadrare i fatti in questa o quella fattispecie di reato.
Il 3 marzo scorso i pm hanno proceduto alla chiusura del filone di inchiesta per Lotti e Saltalamacchia. Non è escluso che la procura, dopo la pausa estiva, possa definire le altre posizioni prima che riprenda il processo già in corso.
La prossima udienza è prevista per il prossimo 13 ottobre e vedrà alla sbarra, oltre a Lotti e Saltalamacchia (che nell' occasione risponderanno anche del nuovo reato, come previsto dal gup), ci sono pure Carlo Russo, l' imprenditore amico di Tiziano Renzi accusato di millantato credito, e l' ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, sotto processo per favoreggiamento. Imputato per la stessa vicenda, ma in un procedimento separato, l' ex comandante generale dell' Arma Tullio del Sette, che risponde di favoreggiamento e rivelazione del segreto d' ufficio. Sturzo nella sua ordinanza di rigetto aveva concluso, in punto di diritto, che il reato di favoreggiamento e quello di rivelazione di segreto possono convivere.
Per la toga, che ha richiamato diverse sentenze della Cassazione, anche se Lotti e Saltalamacchia non erano i diretti custodi della notizia che doveva rimanere segreta, avrebbero approfittato del loro ruolo per venirne a conoscenza, macchiandosi dello stesso delitto imputabile ai pubblici ufficiali che gliela avevano rivelata. Nella sua ordinanza Sturzo sottolineava che avevano «un ruolo di alta responsabilità pubblica», Saltalamacchia nell' Arma dei carabinieri e Lotti «nel governo della Repubblica (quale sottosegretario del governo Renzi, con delega al Cipe)».
La procura ha affrontato ieri la seconda udienza preliminare, dopo quella del 14 ottobre 2019, senza aver mutato orientamento. Teoricamente i pm avrebbero potuto chiedere una nuova archiviazione, ma hanno optato per il confronto in aula, dove hanno ribadito la richiesta di proscioglimento per i due imputati. La scelta non è stata però fortunata. Infatti, nonostante accusa e difesa chiedessero la stessa cosa, la non procedibilità per la seconda ipotesi di reato, il giudice ha ritenuto che ci fossero i presupposti per contestare la rivelazione.
L' iscrizione di Lotti e Saltalamacchia sul registro degli indagati risale al dicembre del 2016. A farla scattare furono le dichiarazioni di Marroni, il quale disse ai pm di Napoli di aver saputo dall' allora sottosegretario e dal generale dell' indagine in corso sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre 2016 Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli inquirenti.
Da allora l' ex ministro ha sempre negato la versione di Marroni, anche in un drammatico confronto all' americana con lo stesso manager. «È una decisione che sorprende, speriamo di avere maggiore fortuna davanti ai giudici della ottava collegiale» ha commentato l' avvocato Franco Coppi, difensore di Lotti.
«I giudici ritengono che il reato di favoreggiamento sia sovrapponibile a quello di rivelazione. I pubblici ministeri, invece, e secondo me a ragione, hanno sostenuto che la notizia era stato ricevuta da Lotti non per il suo incarico di governo, ma che l' aveva appresa come avrebbe potuto farlo chiunque l' altro». «Secondo me, però, non c' è nessun elemento per poter dire che Lotti è andato in giro a caccia di notizie per poi passarle a Marroni» ha concluso Coppi.
Il deputato ha, invece, commentato: «Quando arriva una decisione del genere non si è né sorpresi, né delusi. Sapevo che il processo doveva iniziare e che c' è un secondo capo di imputazione per il quale la procura per tre volte aveva chiesto l' archiviazione. Comunque queste decisioni non si commentano. Affronterò il processo con la tranquillità e con la serenità di chi sa che si difenderà lì per raccontare la verità dei fatti. Non è cambiato niente».
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