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Lucio Musolino per il Fatto Quotidiano
"Era un sanguinario, se lui capiva che io potevo avergli detto una bugia non esitava a colpire me e la mia famiglia. Ho temuto per la vita dei miei fratelli. Se aveva il sospetto che qualcuno poteva collaborare con carabinieri o con magistrati, lui questo non lo mandava giù. Se doveva uccidere anche un bambino lo faceva". Il 20 ottobre 2003, nella sala colloqui del carcere di "San Pietro" a Reggio Calabria c' è Girolamo Biagio Bruzzese detto "Mommo", storico uomo di fiducia della cosca Crea di Rizziconi, oggi collaboratore di giustizia.
Sono le 21.45, di fronte a lui c' è il sostituto procuratore della Dda Roberto Di Palma. Fino a poche ore prima, Mommo Bruzzese era latitante ma soprattutto era in compagnia del boss di Rizziconi, Teodoro Crea detto "u Murcu". Costituitosi dai carabinieri di Taurianova, al magistrato dice di avere ammazzato Crea. Consegna anche l' arma usata. "Con la pistola che io avevo in mio possesso ho ucciso Teodoro Crea - sono le parole del pentito -. L' ho ucciso per il motivo che avevo capito di essere incolumità di vita io e mio fratello Marcello". Sono passati 15 anni. Mommo Bruzzese è uno dei collaboratori più credibili della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro.
Teodoro Crea non è morto. Sebbene gravemente ferito alla testa, infatti, quel pomeriggio del 2003 il boss era riuscito a salvarsi. Oggi è in carcere, sottoposto al regime del 41bis, e a 79 anni è ancora il boss di Rizziconi.
Marcello Bruzzese, il fratello del pentito, invece, è stato freddato il giorno di Natale a Pesaro. Stava entrando nell' abitazione messa a disposizione dal ministero dell' Interno che aveva inserito lui e la sua famiglia nel programma di protezione previsto per i parenti dei collaboratori di giustizia Se fosse stata la cosca Crea, sarebbe l' ennesima dimostrazione di come la 'ndrangheta non dimentica, aspetta e sceglie un giorno simbolico per presentare il conto agli affiliati che saltano il fosso.
Fino al pentimento di Mommo Bruzzese, quest' ultimo e il fratello Marcello erano uomini di fiducia del boss Teodoro Crea.
Così come il padre, Domenico Bruzzese, ucciso nel 1995 in un agguato dove morì anche il cognato Antonio Madaffari. Il pentito era un carpentiere metallico mentre il fratello Marcello gestiva un pantolonificio che, con la famiglia, aveva messo in piedi alla fine degli anni 80. Lavoro e 'ndrangheta.
Fino al 2003 quando, per paura di essere ucciso, Mommo Bruzzese prima sparò al boss Teodoro Crea e poi iniziò a collaborare con i pm dell' antimafia. I familiari lo seguirono, ma non il suocero, Giuseppe Femia che fu assassinato pochi mesi dopo, nel febbraio del 2004.
Le dichiarazioni di Bruzzese hanno portato a numerose inchieste contro la cosca di Rizziconi e a una valanga di anni di carcere per il mammasantissima e per i suoi figli Giuseppe (oggi in carcere) e Domenico, ancora latitante. Nel processo "Toro" è emerso che il clan era interessato "alla sistematica eliminazione di ogni possibile ed eventuale 'concorrente'". Ma anche "al condizionamento della vita politica dell' amministrazione comunale di quel centro".
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