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Da www.repubblica.it - Bologna
Una nuova denuncia per Gigliola Giorgini, 84 anni, presunta guaritrice meglio nota come Mamma Ebe. La polizia di Forlì-Cesena, infatti, l'ha denunciata per esercizio abusivo della professione medica nei confronti di una giovane donna che aveva problemi di fertilità, costretta dal marito a sottoporsi a diversi trattamenti mediante l'applicazione sul proprio ventre di una sostanza, una "pomata" a suo dire dall'effetto miracoloso. La donna era stata costretta dal marito ad andare da Mamma Ebe, interrompendo le cure di medicina tradizionale. L'ex marito della donna è stato denunciato per il reato di maltrattamenti.
La denuncia è partita dopo un’indagine avviata mesi fa dalla polizia di Forlì-Cesena. Mamma Ebe attualmente si trovava nella sua casa di San Ermete di Santarcangelo agli arresti domiciliari. Le prime promesse di guarigioni "miracolose" della donna, all’anagrafe Gigliola Ebe Giorgini, soprannominata la santona di Carpineta, in passato "fondatrice" dell’Ordine di Gesù Misericordioso (mai riconosciuto), risalgono agli anni 80: un ’attività, nonostante accuse, arresti e tribunali, che è continuata ad andare avanti sino ad oggi, con incontri su appuntamento.
Ebe era tornata libera dopo che l’anno scorso la Cassazione aveva confermato, rendendola definitiva, la condanna a sei anni di reclusione inflitta nel dicembre 2013 dalla corte d’Appello fiorentina. Associazione a delinquere ed esercizio abusivo della professione medica le accuse nei suoi confronti, in riferimento all’attività di cure e massaggi che aveva svolto dal 2005 al 2010 a Villa Gigliola, sulle pendici del Montalbano, meta di una processione continua di persone malate o comunque sofferenti che si affidavano alle sue presunte capacità e poteri taumaturgiche. L’attività era stata troncata nel 2010 dagli arresti eseguiti dai carabinieri di Quarrata.
Nell'ultimo caso, avrebbero dovuto essere solo cinque i trattamenti con la pomata "miracolosa", ritenuta capace di "sfiammare" le tube, ma che sin da subito ha provocato alla donna - una 37enne italiana, costretta dal marito, un professionista di 35 anni, a recarsi dalla santona per risolvere i suoi problemi di fertilità, abbandonando la fecondazione assistita - una perdurante forma di irritazione cutanea e delle lesioni sul basso ventre dove veniva spalmata. Dalle indagini della polizia di Forlì- Cesena, è emerso che la donna, in un primo momento, pur di non veder fallire il proprio matrimonio, ha rinunciato alle cure mediche e alle pratiche adottive, salvo poi arrivare a lasciare il marito.
L'uomo, secondo quanto riferito dalla moglie, su indicazione di Mamma Ebe, avrebbe dovuto convincerla a evitare il ricorso alla fecondazione assistita in quanto sarebbero potuto nascere bambini con dei problemi mentali. La 37enne ha raccontato alla Polizia che tutto ebbe inizio alla fine del 2014, quando Mamma Ebe, che voleva farsi chiamare Gigliola, era stata finalmente scarcerata e dunque, secondo il marito, poteva "curare" il loro problema, ossia farli diventare genitori.
L'uomo affermava che la santona era stata incompresa dalla giustizia italiana e dall’opinione pubblica e che solo alla sua morte si sarebbero riconosciuti i suoi "miracoli". Il trattamento cominciò con l’imposizione delle mani sul ventre, seguita poi col trattamento di una pomata di colore arancione. Nel 2016 la decisione di separarsi, quando si era ormai capito che i trattamenti sarebbero continuati e che la vita della coppia veniva ormai gestita di fatto dalla "santona": il marito era arrivato anche a minacciare la donna di farle perdere il lavoro, se si fosse allontanata dalle cure.
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