massimo moratti

“SIA IL CARDINALE MARTINI CHE SILVIO BERLUSCONI MI CHIESERO DI FARE IL SINDACO DI MILANO. MA HO PREFERITO IL LAVORO” – IL FU "GIOVIN SIGNORE" MASSIMO MORATTI FA 80 ANNI E APRE LE VALVOLE: “NON ERA LA POLITICA CHE MI ATTIRAVA. MI PIACEVA L’IDEA DI UN SINDACO CHE FOSSE UN PO’ COME IL PRESIDENTE DELL’INTER: IDEE FORTI MA POI ADATTI I TUOI PENSIERI ALLE SITUAZIONI” – “LA VENDITA DELLA SARAS? UN’OTTIMA OPERAZIONE SUL PIANO ECONOMICO. SOTTO IL PROFILO UMANO, UN IMMENSO DISPIACERE. QUELLA DELL’INTER? RAGIONI ECONOMICHE” – “INZAGHI? ALL’INIZIO NON LO CONSIDERAVO ADATTO ALL’INTER: INVECE È MOLTO BRAVO” – LA FINALE DI MONACO, IL PADRE ANGELO, E LA TRUFFA CHE HA SUBITO: “HO SBAGLIATO IO. HO PENSATO CHE…”

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Estratto dell’articolo di Daniele Dallera, Venanzio Postiglione per il “Corriere della Sera”

massimo moratti

 

[…] Venerdì sono 80 anni.

«Un’età che pare spaventosa».

 

Li sente addosso o le pare uno scherzo?

«Tutte e due le cose. Come testa, non li percepisco, ogni cosa mi sembra uguale. Sul piano fisico sì, ci sono. Una certa stanchezza, non è come prima».

 

[…]  E i progetti suoi, proprio suoi?

«No, no, non sono così illuso da pensare di avere il tempo e la forza per realizzarli. Mi piacerebbe che si attuassero quelli dei figli: li seguo da vicino, provo a dare una mano, cosa c’è di meglio?».

 

L’ufficio è quello di sempre, a un passo dal Duomo. Anche la cortesia è la stessa, forse di più, una fetta di Milano in dissolvenza, che non vedi sui velieri e in elicottero e poi trovi nei campetti più lontani. Non è facile da spiegare ma, ecco, attraversi la porta e entri nel passato. Un secolo di storia familiare (e italiana).

 

MASSIMO MORATTI

Il primo Angelo Moratti, fine Ottocento, faceva il contadino e aveva 21 figli. Il secondo Angelo, anni Cinquanta, trovò il petrolio e il business, scoprì il calcio e lanciò la grande Inter. Sei figli, tra cui Massimo. Sospeso, anche lui, tra la Saras, la società di famiglia, e la passione per il calcio, i nerazzurri, grandi successi e qualche dispiacere. Vicino ai preti di periferia, tentato dalla politica (e capace di resistere), sposato con Milly Bossi dal 1971, cinque figli. […]

 

Nuove abitudini?

«Il lavoro è sempre stato al centro della mia vita. Però un giorno è arrivata l’Inter, è cambiato tutto, adrenalina, ambiente, emotività, sensazioni che ti restano dentro».

 

Le cose di cui va orgoglioso?

LINA SOTIS - GIAN MARCO MORATTI - ANGELO MORATTI - MASSIMO MORATTI

«Tante legate alla società, all’azienda. Il coraggio di nuove iniziative, contratti importanti, idee che mi hanno entusiasmato. E poi le vittorie dell’Inter, certo, ma potete immaginare. Posso dirlo?».

 

Certo.

«La verità è che in generale mi è andato bene quasi tutto, ho vissuto momenti bellissimi.

Poi, chiaro, uno può pentirsi di alcune cose, ma purtroppo sono successe e te le porti a casa».

 

Poi c’è un rimpianto, presidente. Lo sappiamo, è il momento di dirlo.

massimo moratti

«Fare il sindaco di Milano? Sì, vero. Sarebbe stato fantastico».

 

Il Corriere scrisse: Massimo Moratti a un passo dal forse.

«Una grande indecisione. Ma c’erano ragioni fondate per cui, più volte, ho resistito. Una di queste... Mi sembrava che diventare sindaco non mi permettesse di fare tutto il resto. Mi pareva che fosse più utile alla famiglia lavorare in azienda e per l’azienda, piuttosto che candidarmi e lanciarmi».

 

Insomma...

«Ho preferito il lavoro. Anche se mi è dispiaciuto molto, perché non me lo hanno proposto una volta sola. Un giorno me lo chiese anche una persona straordinaria, unica».

 

Le tocca raccontarlo.

peppino prisco massimo moratti

«Il cardinal Martini. Lui stesso. E questa è una cosa per cui mi sento in colpa, non aver obbedito a un uomo di qualità e grandezza assolute. Mi è rimasto sempre in mente come un grave peccato».

 

Come andò?

«Il cardinale mi invitò a provarci, per la città. Molto affettuoso, molto gentile. Un dispiacere che resta, lo ripeto. Penso che sarebbe stato bellissimo: usare la fantasia e il senso pratico, allo stesso tempo, per mettermi al servizio di Milano e dei suoi cittadini. Poi... ho declinato anche una richiesta di Veltroni: sempre cortese, un signore».

 

E candidarsi in un partito, a livello nazionale?

«No, quello no. Non era la politica che mi attirava. Mi piaceva l’idea di un sindaco che fosse un po’ come il presidente dell’Inter: idee forti ma poi valuti giorno per giorno e adatti i tuoi pensieri alle situazioni».

massimo moratti javier zanetti

 

 […] Come sta Milano, oggi?

«Ha scelto una strada, forse obbligata: è la città dei grandi nomi, delle grandi firme, dei grandi eventi. Tutto bello e giusto. Ma mi sembra che stia perdendo quella sensibilità naturale, spontanea, che aveva verso la gente comune. Sta diventando la città di chi sta bene. La crisi di alcune metropoli, come Londra, ha favorito Milano e l’afflusso di grandi capitali, siamo stati anche bravi».

 

Però?

«Però una volta le persone si sentivano sicure, dico sicure nel senso che la città ti accoglieva e si preoccupava di te. Arrivavi dal Sud, da ogni parte, anche con la valigia di cartone, e qui ti sentivi importante, trovavi un progetto di vita. Che si trasformava in un sentimento di riconoscenza verso Milano».

 

pellegrini moratti

Come dimostra la storia di suo padre Angelo, giusto?

«Partito da zero, dal nulla. Capace di tenere assieme la genialità e un’umanità formidabile: mai trovata, in vita mia, una persona così. Non l’obiettivo di fare soldi, ma l’obiettivo di fare cose belle. Realizzare le idee, consentire agli altri di star bene».

 

Un papà, ci perdoni, anche ingombrante.

«Non direi. Non ho mai avuto un rapporto alla pari: ma bellissimo, sempre bellissimo. Mi ha insegnato che nella vita bisogna agire e che non bisogna vedere difficoltà che non esistono. A volte, invece di pensare alla corsa, cerchiamo gli ostacoli».

 

Ma è vero che in famiglia veniva chiamato «il capo»?

«Sì, da mio fratello Gian Marco. La frase di mio padre, “tutto nella vita è in prestito”, è la bussola della famiglia. Inutile affezionarsi ai beni materiali e alle fortune, le cose passano e anche in fretta».

massimo moratti - saras

 

[…] Gianni Brera, anno 1963: «Il clan dei Moratti è qualcosa di molto simile a certe spassose comunità inventate da Frank Capra. Si vogliono tutti bene e incattiviscono solo per l’Inter».

 

«Geniale! Molto gentile con la mamma, molto affettuoso anche con me. Mi scrisse una lettera bella, tenera, voleva che mi occupassi del Coni».

 

[…] Presidente Moratti, perché avete venduto la Saras, società e gioiello di famiglia, simbolo del petrolio italiano?

«Un’ottima operazione sul piano economico. Sotto il profilo umano, un immenso dispiacere. Le persone che lavorano in Saras sono eccezionali, molto legate a tutti noi e con grande fiducia in noi. Non è stata una scelta facile. Ma ci hanno capito: passa a un gruppo che ha grandissime possibilità. Resterà protagonista, non è cosa da poco, cinque anni fa davano per finita la raffinazione e si pensava che l’unica strada fosse vendere a pezzi».

bedy massimo moratti

 

La Saras e l’Inter, doppia vita.

«Il calcio mi ha dato tantissimo, perché aiutava a decidere velocemente. Sei chiamato a rispondere e a scegliere di fronte ai cambiamenti improvvisi. Sempre svegli: più pratici e più rapidi. Non a caso, quando mio padre mi sentì parlare con entusiasmo di un ragazzino che si chiamava Paolo Rossi... mi disse: “Devi comprare una squadra, è più utile che guidare un’azienda”. Sacrosanto».

 

E sua moglie? Sposati da 54 anni, ci sarà un segreto di lunghe nozze.

«Il segreto è lei, Milly. Sorprendente, vivace, mai un giorno uguale. Una grande combattente contro le ingiustizie, a partire dalle otto del mattino, quando legge il giornale e si appassiona ai fatti del mondo».

 

Moratti e Berlusconi...

«Un rapporto di simpatia, anche lui mi chiese di fare il sindaco».

 

Anche lui? Una malattia.

«Mi disse: “Ma dove vai, con quelli lì? Davvero? Con la sinistra?”. Rinunciai pure quella volta, con una dichiarazione la sera stessa. Ecco: un buon rapporto. Due modi di vivere la vita, due modi diversi, ma ho ammirato la sua vitalità, la sua genialità».

 

massimo moratti silvio berlusconi

Stessa scelta, alla fine: vendere l’Inter e il Milan. Perché?

«Ragioni economiche. Abbiamo visto, tutti e due, l’esplosione dei costi e una passione che non teneva il passo delle ambizioni. Ho sempre pensato che fosse giusto cedere a società internazionali. Adesso si preferiscono i fondi: però, diciamolo, un gruppo familiare, una proprietà precisa, sono comunque un punto di riferimento più semplice, anche per la squadra che deve vincere le partite».

 

Qual è il giocatore più morattiano di quest’Inter di oggi?

«A me piace Barella, è migliorato tantissimo. Un calciatore che ti coglie di sorpresa, salta l’uomo, combatte, è pericoloso in attacco. Poi è molto forte Lautaro e mi piace anche Thuram, conosco il padre».

 

Simone Inzaghi?

«Ho cambiato il mio giudizio. All’inizio non lo consideravo adatto all’Inter: invece è molto bravo, preparato, gestisce le situazioni più delicate, tanto buon senso, sempre calmo. Marotta? Fa bene il suo mestiere, l’avevo anche cercato ai tempi della Sampdoria».

 

Andrà alla finale di Champions a Monaco?

massimo moratti mourinho

«No, non penso di andare, però la seguirò con attenzione. Molto bella la sfida con il Barcellona, mi sono divertito, un 4-3 emozionante e Yamal mi ha impressionato, che riflessi pazzeschi».

 

Si sente con Mourinho, l’allenatore del Triplete e di tante vittorie?

«Ogni tanto ci scambiamo messaggi».

 

[…] Rivalità storiche del pallone: la Juventus e il Milan.

«Sì. Ma il vero avversario non era e non è il Milan, è sempre stata la Juve».

 

Una pagina di vera sofferenza, la truffa che ha subìto: dicono di raccogliere soldi per conto di un ministro per riscattare giornalisti in Medio Oriente, la convincono e lei dà una mano, ma era tutto finto.

«Ho sbagliato io, errore grave anche mio. Ho pensato che fosse una storia vera e che potessi essere utile: bastava chiamare il ministro e chiedere direttamente a lui. Però i truffatori sono stati beccati, i soldi li abbiamo recuperati e soprattutto si è capito il sistema. Può servire agli altri per evitare la trappola».

massimo moratti gino strada

 

[…] una persona che non c’è più e vorrebbe rivedere?

«Gino Strada. Lo sentivo vicinissimo: il coraggio, la dedizione, l’impegno. Molti non l’hanno capito. Lui curava le ferite dei bambini e non era importante da quale Paese, movimento, fazione arrivassero. Ci sarebbe bisogno di lui, adesso, con le stragi in corso». […]

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