DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Poco più di un anno fa ha perso un braccio in un gravissimo incidente stradale. Presto Daniela (nome di fantasia), a 27 anni, avrà un arto nuovo: una protesi bionica che potrà controllare direttamente con il pensiero.
La prima parte dell’intervento è stata eseguita al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico (UCBM) da Vincenzo Denaro, professore emerito di Ortopedia e Traumatologia dell’Ateneo, con la sua équipe e da Oskar Aszmann, chirurgo viennese che ha eseguito altre operazioni dello stesso tipo. Finora Daniela aveva potuto indossare solo una protesi cosmetica, incapace di eseguire alcun movimento.
Impulsi cerebrali
Tra circa sei mesi le sarà applicata una protesi (al Centro Protesi Inail) mossa da elettrodi attivati dal muscolo grande pettorale e altri muscoli del tronco adeguatamente rieducati: la ragazza potrà così prendere e manipolare gli oggetti.
«Questo grazie agli impulsi che dal cervello arriveranno ai muscoli - spiega Denaro, responsabile clinico del progetto -, dove degli speciali elettrodi di superficie trasmetteranno gli impulsi celebrali al braccio bionico, con una intensità mille volte superiore al nervo vero e proprio.
Viceversa, degli stimolatori applicati sulla pelle consentiranno di trasmettere al cervello le sensazioni tattili sulla consistenza degli oggetti impugnati dall’arto artificiale, consentendone una più efficace presa e manipolazione».
L’obiettivo della sperimentazione è la creazione di un centro di alta specializzazione per questo tipo di interventi che, per la prima volta in Italia, possa offrire un percorso analogo a tutti i soggetti con lo stesso tipo di amputazione.
Una tecnica complessa
La reinnervazione muscolare mirata (Targeted Muscle Reinnervation) è una metodica complessa, che si pone l’obiettivo di sfruttare un muscolo come il grande pettorale, divenuto non più utile in un soggetto amputato all’altezza della spalla (come Daniela), reinnervandone i fasci attraverso le terminazioni dei nervi che una volta arrivavano fino alla mano del paziente e muovevano muscoli che oggi non ha più, trasformando questi fasci muscolari in “amplificatori biologici” dei segnali nervosi che originariamente controllavano il distretto amputato.
Così, il segnale mioelettrico prelevato dai muscoli, dopo la reinnervazione, permetterà il controllo simultaneo e intuitivo di una protesi con un numero elevato di articolazioni attive. «L’operazione sulla paziente è stata particolarmente delicata, perché si è dovuto prima denervare il grande muscolo pettorale e altre fasce muscolari, quindi prendere dal plesso brachiale i tre grandi nervi residui, radiale, mediano e ulnare, che muovono mano e polso, e applicarli alle fibre muscolari» sottolinea Giovanni Di Pino, responsabile dell’Unità di Neurofisiologia e Neuroingegneria dell’interazione uomo-tecnologia e co-responsabile del progetto.
Settecento casi all’anno
«La protesi è di tipo modulare, ovvero costituita da più moduli per il ripristino delle articolazioni di gomito, polso e mano e, in fase sperimentale, anche di spalla - dice Loredana Zollo, professoressa di Bioingegneria presso UCBM e responsabile ingegneristico del progetto -.
Verranno quindi utilizzate tecniche avanzate di classificazione basate su algoritmi di apprendimento autonomo applicati al segnale muscolare per coordinare il moto dei diversi moduli protesici e rendere il controllo della protesi più naturale ed intuitivo possibile».
La fase di training intensivo necessaria per insegnare alla 27enne a muovere l’arto bionico in modo appropriato dovrebbe durare circa tre mesi e avviarsi dopo i primi 4-6 mesi di riabilitazione, utili per il completamento del processo di reinnervazione muscolare. Dopo di che potrà impugnare una mela, portare alla bocca una tazzina di caffè e fare tante altre cose.
Un miraggio per le oltre 700 persone che ogni anno in Italia, per incidenti stradali, domestici o sul lavoro, perdono un braccio. Sono migliaia i pazienti con questa forma di amputazione, che impedisce di compiere anche i movimenti più banali. Ora hanno una speranza in più.
Infortunati sul lavoro
«Questo intervento costituisce uno snodo cruciale del progetto di ricerca che stiamo realizzando in partnership con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e che ha l’obiettivo di sviluppare pratiche cliniche che permettano di utilizzare appieno le più avanzate soluzioni protesiche, per influire positivamente sulla qualità della vita dei nostri infortunati sul lavoro» dichiara Angelo Andretta, direttore del Centro Protesi Inail.
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