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Laura Bogliolo per "Il Messaggero"
«Mio figlio alla gogna perché positivo». C'è una storia scritta in un angolo di periferia della Capitale che deve essere raccontata. Parla infatti del coraggio di una mamma e delle pieghe nere dell'animo, quelle che, in modo anonimo e vigliacco, giudicano un ragazzo e lo indicano come responsabile di contagi.
L'ingiuria, stavolta, viene lanciata non usando la tastiera di un pc e internet, ma in modo antico, ante Millennials insomma, tracciando una scritta con la vernice su un muro della piazzetta dove c'è un centro ricreativo e dove si incontrano le comitive del quartiere così piccolo che sembra un paesino: si conoscono tutti insomma. Niente cyber bullismo, quindi, ma la sofferenza e la crudeltà sono le stesse. Antonio Covid 19: il nome è di fantasia, anche perché sul muro della vergogna è apparso proprio il cognome del ragazzo.
Così è stato scritto sperando di offendere l'animo del giovane positivo e della sua famiglia indicandolo quasi come untore. La mamma, nonostante l'ingiuria, non solo ha continuato a raccontare su Facebook la storia del contagio dei figli (entrambi asintomatici), ma ha iniziato a farlo in modo sempre più dettagliato. «Sono negativa e in quarantena, se mi vedete uscire è perché la Asl mi ha chiesto di portare i miei figli a fare i tamponi al drive-in in viale Palmiro Togliatti». Lo scatto d'orgoglio ha un motivo chiaro. «Voglio incitare le altre famiglie a farsi avanti, a non vergognarsi, ad avvertire amici e vicini di essere positivi sperando così di fermare i contagi» racconta la mamma al Messaggero.
L'ODISSEA N.D., 49 anni, romana, è residente a Gregna Sant' Andrea, periferia Est di Roma: sui social sta scrivendo un diario di bordo dell'odissea iniziata i primi di settembre. «Mio marito ed io siamo sempre stati negativi, entrambi i nostri figli, 19 e 12 anni, sono positivi». I commenti ai post sono incoraggianti, in tanti fanno i complimenti alla mamma coraggio. Nella vita reale del piccolo quartiere, invece, alcuni additano quel ragazzo soltanto perché si è ammalato. L'unica colpa della famiglia, in realtà, è stato comunicare la positività per senso di responsabilità.
LA PAURA «La scritta ingiuriosa è fortunatamente stata cancellata - racconta la mamma al Messaggero - molte famiglie tacciono e non comunicano la positività dei figli a chi è stato in contatto con loro proprio perché hanno paura di finire alla gogna così come è accaduto alla nostra famiglia». Nel quartiere intanto cresce la paura per i contagi, tanto che don Nello, il parroco della chiesa Sant' Andrea Corsini, ha deciso di chiudere i campetti «a causa della diffusione del Covid 19 tra alcuni adolescenti - dice - c'erano troppi assembramenti».
Secondo i dati del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio nel piccolissimo quartiere i contagi stanno aumentando e sono arrivati a 24. Non pochi considerando che gli abitanti sono meno di 7 mila. «Abbiamo scoperto la positività mentre eravamo in vacanza in Toscana, due giorni dopo aver lasciato Roma dove mio figlio aveva frequentato i suo amici: siamo subito tornati, abbiamo avvertito tutti gli altri della comitiva ed è iniziata l'odissea».
Ieri per la famiglia è stata una bellissima giornata. «Mio figlio grande è risultato finalmente negativo - spiega la mamma - è guarito insomma, per il piccolo dovrò aspettare qualche giorno per la diagnosi definitiva di negatività».
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