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Domenico Agasso per “la Stampa”
«Non saranno possibili scelte diverse, la mafia e i mafiosi sono incompatibili con la fede e la Chiesa». E dunque non possono neanche essere padrini di battesimo e cresima. A metterlo nero su bianco è un arcivescovo, monsignor Michele Pennisi, prelato di Monreale, nel Palermitano. Il suo è un pronunciamento che arriva dopo il caso di Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss, giunto a dicembre a Corleone per fare da padrino alla nipotina.
La scelta di un parroco compiuta senza informare la curia. Così, dopo avere consultato il Consiglio presbiterale (una sorta di «senato» diocesano), Pennisi ha pubblicato il 15 marzo un decreto in cui dichiara che «non possono essere ammessi all' incarico di padrino del battesimo e della cresima coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo»; e pure «coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici e hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato». Parole nette e inequivocabili. È una decisione, quella di Pennisi, pienamente in linea con le forti - e celebri - prese di posizione degli ultimi tre Papi.
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