DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Roberta Giaconi per il “Corriere della Sera”
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Dopo la paura è arrivato il momento del lutto. Ieri nel centro di Sydney, vicino alla cioccolateria dove lunedì 17 persone sono state tenute un’intera giornata in ostaggio, sono stati portati centinaia di mazzi di fiori. Si piangono le due vittime, Katrina Dawson e Tori Johnson. La prima era un avvocato di successo.
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Aveva 38 anni, tre figli piccoli e una carriera brillante. Da sempre prima della classe e sorella di uno dei principali avvocati australiani specializzati in diffamazione, andava spesso a prendere la cioccolata calda nel locale della Lindt. Quando il marito, socio di un’importante società legale, ha saputo quello che stava succedendo l’ha subito cercata, ma senza riuscire a contattarla. Tori Johnson aveva invece 34 anni e era da due anni un manager della cioccolateria.
«Erano brave persone, rispettabili, che stavano vivendo la loro vita come ogni altro giorno», ha commentato ieri mattina il primo ministro Tony Abbott, lasciando anche lui un mazzo di fiori a Martin Place. In una messa celebrata in loro onore nella cattedrale di St Mary, a soli 500 metri dalla cioccolateria, l’arcivescovo di Sydney Anthony Fisher ha parlato dell’eroismo delle due vittime.
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«Vedendo una possibilità, Tori ha afferrato la pistola. Tragicamente è partito un colpo che l’ha ucciso, ma la sua azione ha spinto la polizia ad agire, portando alla liberazione della gran parte degli ostaggi», ha detto Fisher, aggiungendo che, secondo alcune testimonianze, l’altra vittima, Katrina Dawson, avrebbe fatto scudo con il suo corpo a una collega e amica incinta per proteggerla dai colpi di pistola. «Questi eroi erano disponibili a abbandonare le proprie vite perché altri potessero vivere».
La polizia non ha voluto confermare gli eventi, non ha spiegato cosa abbia portato all’irruzione avvenuta alle due di notte che ha messo improvvisamente fine a ore e ore di trattative e di attesa. Non ha nemmeno negato la possibilità che gli ostaggi possano essere stati colpiti dagli agenti. Catherine Burn, vice commissario della polizia del New South Wales, ha detto di non poter ancora dire se Tori Johnson ha davvero cercato di approfittare di un momento di sonnolenza del sequestratore per tentare di strappargli la pistola.
«Nei prossimi giorni metteremo insieme tutti i pezzi, ma al momento è complicato perché abbiamo a che fare con persone che, comprensibilmente, sono sotto choc per quello che è successo». Tre degli ostaggi sono stati trattati in ospedale per ferite da arma da fuoco, ma stanno bene. Ci sono due donne in stato interessante, entrambe fuori pericolo, e un dipendente del locale, Paolo Vassallo, che potrebbe avere origini italiane.
Hanno raccontato alle famiglie di essere stati costretti a apparire in video e a postare messaggi su Facebook dove sollecitavano la polizia a esaudire le richieste del «loro fratello» Man Haron Monis, il predicatore iraniano che li teneva sotto sequestro. L’uomo voleva una bandiera dello Stato Islamico, chiedeva di parlare con Tony Abbott e pretendeva che i media descrivessero le sue azioni come un atto terroristico. Il suo nervosismo sarebbe però aumentato dopo la fuga di alcuni ostaggi e la consapevolezza che i suoi messaggi non venivano diffusi.
Ora su di lui, rimasto ucciso nel blitz, si concentrano le polemiche. Monis «aveva una lunga storia di reati violenti, di infatuazione con l’estremismo e di instabilità mentale», ha commentato il premier Abbott. «Come è possibile che potesse aggirarsi liberamente nella comunità, senza essere monitorato?».
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