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Era in Valle d’Aosta per una di quelle battute di caccia, che amava tanto fare. Luigi Rossi di Montelera, esponente di una nobile famiglia piemontese, la Martini&Rossi, è morto, colpito da infarto.
Trasportato in elisoccorso all’ospedale di Aosta, è deceduto poco dopo il ricovero. Industriale, dirigente d’azienda, politico, aveva 72 anni. 45 anni fa, fu protagonista di un episodio che riempì le pagine di cronaca dei giornali: fu rapito da alcuni banditi legati ai Corleonesi e venne liberato dopo quattro mesi, nel marzo 1974.
Imprenditore e politico
A dare l’allarme è stata la guardia del corpo, da un vicino rifugio, ma il trasporto in ospedale con l’elisoccorso si è rivelato inutile: è morto poco dopo il ricovero in Rianimazione.
Figlio del conte Napoleone Rossi di Montelera e della contessa Niccoletta Piccolini di Camugliano, Luigi Rossi di Montelera era uno degli ultimi esponenti della nobiltà torinese. Laureato in Giurisprudenza a Torino, nell’azienda di famiglia - famosa nel mondo per il Martini e per il vermouth, oltre che per le sponsorizzazioni sportive - è arrivato sino alla vicepresidenza e, dopo la cessione alla multinazionale Bacardi, alla presidenza della Bacardi-Martini.
Ai vertici della Federvini e della Federazione nazionale degli industriali alimentari, è stato anche presidente di Confindustria Piemonte e nel consiglio di amministrazione della Cassa di Risparmio di Torino. Grande appassionato di politica, è stato deputato della Democrazia Cristiana dal 1976 al 1992 e, dal 1987 al 1989, sottosegretario del ministero di Turismo e spettacolo guidato dal ministro Franco Carraro.
Il rapimento
Il nome di Luigi Rossi di Montelera è anche legato ad uno dei primi sequestri della criminalità organizzata. Appena 27enne venne rapito da alcuni banditi legati ai Corleonesi.
Fu liberato dalla guardia di finanza, dopo una prigionia di quattro mesi nel bunker sotterraneo di una cascina di Treviglio, in provincia di Bergamo, demolita soltanto pochi anni fa, nel 2012, per far passare la linea ferroviaria ad Alta Velocità di cui era promotore il Comitato Transpadana, per una «buffa coincidenza» - come l’aveva definita lui stesso all’epoca - presieduto proprio da Rossi di Montelera. Il nobile lascia la moglie, Maria Giulia Malvezzi Campeggi e tre figli: Niccoletta, Anna Maria e Leone.
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