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Corrado Zunino per "la Repubblica" – Estratti
Andreas non parla, ma ha depositato una memoria dove sostiene — 25 anni, tuffatore della Nazionale italiana rinviato a giudizio per atti persecutori nei confronti di Valeria, oggi 19 anni, solo quindici quando veniva colpita, pressata, umiliata — che in verità anche lei, l'ex fidanzata, era gelosa. Gli chiedeva la posizione sul telefonino, soffriva delle ex del tuffatore.
Ci sono alcuni fatti da cui partire, prima di leggere la memoria di Andreas Sargent Larsen. Il giovane danese naturalizzato italiano è rinviato a giudizio da tre mesi per aver sbattuto il volto di una quindicenne sul volante di un'auto, averle schiacciato un cuscino in faccia, averla costretta a vivere a occhi bassi dentro la piscina federale dell'Acqua Acetosa e del Circolo Canottieri Aniene, di cui entrambi erano tesserati. Queste accuse sono state ribadite ieri, nell'intervista fatta alla tuffatrice da Repubblica.
Bene, il 30 novembre 2023 il giovane tuffatore ha lasciato alla squadra mobile una memoria in cui dichiarava di «provare vergogna e un po' di dispiacere» per le accuse che gli aveva mosso Valeria: «Non è mai stata mia intenzione perseguitarla, spaventarla. Neppure al termine della nostra relazione sentimentale. Le ho voluto e ancora oggi le voglio molto bene e mi scuso per quello che è accaduto».
Andreas nel suo scritto racconta che «si è trattato per entrambi di una relazione molto intensa, la prima della vita. Per inesperienza e immaturità», ammette, «penso di aver adottato comportamenti sbagliati con Valeria. La nostra relazione», continua, «è stata caratterizzata da una forte gelosia da entrambe le parti.
Valeria soffriva una tuffatrice che si allenava con noi e con cui avevo avuto una brevissima relazione in passato. Mi mandava messaggi per sapere dove fossi, con chi e se con me c'era questa tuffatrice. Più volte», è ancora la memoria dell'imputato, «alla fine degli allenamenti Valeria mi chiedeva di riaccompagnarla a casa e in macchina alzava la voce e mi insultava per avermi visto parlare con quella ragazza. Quando andavo in trasferta con la Nazionale, ho testimoni, inviavo selfie per dimostrarle che stavo con gli amici.
Pranzavo da solo e dopo cena restavo sempre in camera. In piscina non mi sedevo mai sugli spalti per guardare le gare, soprattutto se c'era la mia ex. Questo atteggiamento per me e Valeria era normale, mostravamo interesse verso l'altro. Oggi mi rendo conto che era sbagliato».
Ancora il tuffatore: «Il suo comportamento era tutt'altro che remissivo, anzi, spesso era aggressivo. E poi non ho mai isolato Valeria impendendole di vedere amici e conoscenti. L'unica persona che le avevo chiesto di non frequentare fuori dalla piscina era un nuotatore di cui ero molto geloso».
Un sentimento di possesso e insicurezza ha portato i due ragazzi a discutere spesso, ma, sostiene Andreas, «solo due, tre volte abbiamo alzato la voce e ci siamo insultati.
Non l'ho mai prevaricata. Ho usato appellativi volgari e me ne scuso, ma non ho mai minacciato Valeria.
Una volta le ho detto: "Ti metterei una bomba sotto casa", ma lei è stata la prima a non darci peso. Non l'ho mai picchiata. Nel corso di una discussione animata ci siamo stretti le mani e si sono staccate le sue unghie, ma non l'ho fatto apposta. Non le ho sbattuto la faccia sul volante. I cuscini sul viso e i graffi sul collo erano, in realtà, scherzi nei momenti di intimità, non certo aggressioni. Non l'ho mai seguita, né fatta seguire.
La verità è che l'infortunio alla spalla, che non ha permesso a Valeria di qualificarsi per gli Europei assoluti, l'aveva destabilizzata. Sono stato molto innamorato di lei, avrei voluto fosse la madre dei miei figli e per Valeria avrei rinunciato alla carriera sportiva».
Il tuffatore sotto accusa rivela di essere tornato insieme alla ragazza ad aprile 2023, quando era già indagato. «È stata lei a riavvicinarmi».
Il processo inizierà tra una settimana e solo in queste ore, dopo che Repubblica ha fatto emergere il rinvio a giudizio e i dettagli, il mondo del nuoto si è accorto dell'accaduto
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