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“NON VOLEVO RESTARE INTRAPPOLATO NELLA LOGICA DEL PROFITTO E DEL SUCCESSO. OGGI SONO UN CUOCO E UN MONACO” - LA NUOVA VITA DI PIETRO LEEMANN, CHEF STELLATO DEL JOIA, PRIMO RISTORANTE VEGETARIANO EUROPEO A OTTENERE UNA STELLA MICHELIN: HA LASCIATO MILANO PER IL BORGO DI RASA, NEL CANTON TICINO, DOVE HA FONDATO UN ECOVILLAGGIO - “A MILANO HO LASCIATO CIÒ CHE NON VOLEVO PIÙ ESSERE. SPESSO SIAMO IMPRIGIONATI IN MODI DI VIVERE CHE NON CI RENDONO FELICI. MI HA CAMBIATO LA VITA UN VIAGGIO IN INDIA…”
Estratto dell’articolo di Paolo Rodari per il “Corriere della Sera”
«la meditazione e disciplina sono il cuore delle mie giornate. La meditazione mattutina, spesso accompagnata da lunghe passeggiate, mi infonde quell’energia che altrimenti mi mancherebbe. La disciplina, invece, è imprescindibile: senza di essa, nulla può davvero prendere forma».
Pietro Leemann, 64 anni […] Celebre chef stellato del Joia, primo ristorante vegetariano europeo a ottenere la famosa stella, da tempo ha lasciato Milano per il borgo di Rasa, nelle Centovalli ticinesi, dove ha fondato un ecovillaggio che unisce cibo e spiritualità.
Iniziamo dalla fine: a cosa si deve questa scelta?
«Ad un certo punto ho sentito il bisogno di non restare intrappolato nella logica del profitto e del successo. Ho avvertito piuttosto la necessità di vivere per gli altri, donare ciò che sono e accogliere ciò che gli altri sono. Certo, resto ancora un cuoco a tutti gli effetti, ma la mia esistenza non si definisce più solo attraverso questo ruolo».
Chi è allora oggi Pietro Leemann?
«Semplificando, potrei dire che sono un manager e un monaco nello stesso tempo».
Un monaco krishnaita?
«Un viaggio in India ha cambiato la mia vita, portandomi verso ciò a cui ho sempre anelato. Ho ricevuto anche un nuovo nome: Parameshvara dasa. Fin da piccolo ricordo che rifuggivo da ogni forma di violenza. Purtroppo, tuttavia, anche le religioni talvolta vi si abbandonano, mentre dovrebbero unire, legare, non dividere. Nel monastero che sto fondando, invece, chiunque, qualunque credo o filosofia segua nella sua vita, è accolto e legittimato a condividere il proprio cammino».
Chi vivrà nel monastero?
«Ci saranno sia uomini sia donne. L’abate, Swami Shri Rupa Madawa Maraj, arriverà dall’India con altri monaci. Pandita Mataji è la prima donna».
Ha appreso l’amore per il creato e per gli animali dalla cultura dell’India antica?
«[…] Sono cresciuto in campagna, nel Locarnese. Ho vissuto per anni in una casa con un giardino, a contatto con la natura e gli animali. A un certo punto ho capito che l’amore che provavo per loro implicava che non potevo più ucciderli. Ancora oggi nella mia Osteria si mangia vegetariano. […]».
L’Osteria Giardino di Bordei, che ha aperto e ha ottenuto la prestigiosa certificazione Bio Cuisine di Bio Suisse riservata a ristoranti che impiegano in modo prevalente ingredienti di agricoltura biologica certificata, offre una cucina vegetariana con prezzi, menù alla mano, nella media svizzera. A cosa s’ispira questa avventura?
«Ai prodotti locali degli orti, ai ritmi della montagna e della natura. Ogni piatto è, in qualche modo, un invito alla meditazione, a trascendere se stessi. L’Osteria è parte integrante dell’ecovillaggio. Siamo ciò che mangiamo, diventiamo ciò che scegliamo di mangiare e insieme diventiamo anche con le relazioni che costruiamo».
Non le manca ciò che ha fatto e costruito a Milano?
«Ho lasciato indietro ciò che non potevo più essere, senza rimpianti. In particolare, ho abbandonato la logica dei risultati e del successo, che spesso ingabbiano le nostre esistenze. Se in passato poteva essere importante per me avere visibilità, oggi non lo è più. Mi concentro sul presente, sul fare bene le cose di ogni giorno, sul cucinare per gli altri, sul cercare di fare stare bene gli altri».
Qual è lo scopo della vita, per lei?
«Capire chi si è e dove si vuole andare. Spesso siamo imprigionati in modi di vivere che non ci rendono felici. Per anni restiamo legati a immagini sbagliate di noi stessi e soffriamo. È necessario sciogliere i nodi, fuggire da queste gabbie e iniziare a vivere in modo felice e armonioso. Certo, la nostra individualità è importante, ma la felicità risiede nel non guardare solo a se stessi e nell’aiutare gli altri. È aprendomi agli altri che capisco davvero chi sono».
Anche le religioni occidentali le sono sempre state strette?
«Sì, anche se in passato la frequentazione di don Piero, parroco in un eremo al Vercio, sopra il lago di Mergozzo, mi ha aperto al mondo del silenzio e della meditazione. Poi, in Oriente, ho trovato ciò che cercavo. […]».
A chi si domanda dove trovare se stesso e il senso della propria vita, cosa direbbe?
«Che già chiedersi “chi sono” è un primo passo che apre una strada. Chiederselo è già importante. Poi, è necessario trovare una guida spirituale».
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