DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Chiara Marasca per Corriere.it
«Io ormai non lavoro più, ho una ragazzina che lavora per me e mi porta 200 euro ogni 5 minuti. Troppo forte Erica, troppo forte». Dice così, al telefono, intercettato dai carabinieri, uno dei pusher indagati nell’ambito dell’operazione che ha bloccato un vasto traffico internazionale di cocaina tra l’Italia e l’Argentina.
La droga arrivava dal Sud America per rifornire la movida siciliana dei locali notturni di Palermo e Trapani. L’operazione, condotta dai militari del Comando Provinciale di Palermo, riguarda capi e gregari di un mandamento mafioso di Bagheria, e ha portato al sequestro di cinque chilogrammi di cocaina.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal Gip di Termini Imerese, su richiesta della locale Procura che ha coordinato le indagini: 12 gli arresti tra Palermo, Roma e Udine.
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Nicolò Testa, al vertice della famiglia mafiosa di Bagheria, e il suo stretto collaboratore Carmelo D’Amico, avrebbero stretto un accordo con Salvatore Drago Ferrante, procacciatore all’ingrosso di cocaina, per importare grossi quantitativa di stupefacenti dall’Argentina.
La droga, trasportata da Buenos Aires in Italia nelle valigie di insospettabili corrieri, veniva poi venduta sul mercato di Palermo e Trapani attraverso una rete di spacciatori. Un gruppo di palermitani aveva il compito di reclutare i pusher che agivano nei locali notturni.
Tra loro anche giovanissimi, come si evince dalla conversazioni intercettate. Le indagini hanno permesso di ricostruire l’acquisto di droga in Argentina: 4,6 chili di cocaina sono stati sequestrati all’aeroporto di Buenos Aires. Il gruppo spacciava cocaina, ma anche mdma , ecstasy, marijuana e hashish.
Intercettati, i trafficanti parlano anche delle “tendenze” diffuse nei locali che riforniscono. La cocaina pronta per essere sniffata sembra ormai passata di moda: «Sono finiti i tempi che la tiravano e la portavano in tasca. Oggi la mettono nella sigaretta, che ne basta poco e ti sballa lo stesso», dice il pusher al telefono, in dialetto siciliano.
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