papa francesco tra i rifugiati a lesbo 3

"NON LASCIAMO CHE QUESTO MARE NOSTRUM SI TRASFORMA IN MARE MORTUUM" - PAPA FRANCESCO TRA I RICHIEDENTI ASILO A LESBO: "FERMIAMO QUESTO NAUFRAGIO DI CIVILTA'". POI BERGOGLIO CITA ELIE WIESEL E CHIEDE DI SUPERARE "LA PARALISI DELLA PAURA, L'INDIFFERENZA CHE UCCIDE, IL CINICO DISINTERESSE CHE CON GUANTI DI VELLUTO CONDANNA A MORTE CHI STA AI MARGINI"

Paolo Rodari per "la Repubblica"

 

Papa Francesco tra i rifugiati a Lesbo 2

Circa duemila e cinquecento rifugiati, per la maggior parte afghani, qualche siriano. Bambini donne e uomini che sono riusciti ad arrivare in Europa dalla Turchia, ma che non possono lasciare il campo. I cancelli di Kara Tepe, a Lesbo, sono chiusi, per molti addirittura da due anni. Papa Francesco vi arriva questa mattina, dopo essere atterrato da Atene, ultima tappa del suo trentacinquesimo viaggio apostolico.

 

Papa Francesco tra i rifugiati a Lesbo

Prima di prendere la parola si intrattiene qualche minuto con i profughi: «Sorelle, fratelli, sono nuovamente qui per incontrarvi. Sono qui per dirvi che vi sono vicino. Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime».

 

Papa Francesco tra i rifugiati a Lesbo 3

Bergoglio arrivò a Lesbo già nel 2016. Con lui c’era il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, che disse: «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo».

 

Papa Francesco tra i rifugiati a Lesbo 4

Il Papa ricorda oggi queste parole e conferma: «Sì – dice – è un problema del mondo, una crisi umanitaria che riguarda tutti». Ma mentre sui cambiamenti climatici e sulla pandemia qualcosa sembra muoversi, «tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni».

 

I rifugiati vivono all’interno di container bianchi. A pochi chilometri si vedono le coste turche sulle quali, nel 2015, depositarono il corpo senza vita di Alan Kurdi. Aveva tre anni. L’odore dei bagni chimici è nauseabondo nonostante le autorità locali abbiano dato una ripulita poche ore prima dell’arrivo del Papa: «Quando i poveri vengono respinti – dice Francesco – si respinge la pace». E ancora: «Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose».

 

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Fin dal primo viaggio a Lampedusa, nel luglio del 2013, i migranti sono stati nel cuore del Papa, al centro delle sue preoccupazioni. «È un’illusione pensare – spiega oggi – che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta.

 

Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro. La storia, ripeto, lo insegna, ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi!».

 

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Francesco cita Elie Wiesel, testimone della più grande tragedia del secolo passato: «È perché ricordo la nostra comune origine che mi avvicino agli uomini miei fratelli. È perché mi rifiuto di dimenticare che il loro futuro è importante quanto il mio», scrisse. Il Papa fa sue queste parole e prega Dio «di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo».

 

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E prega anche «l’uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa».

 

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Dall’ultima visita a Lesbo sono passati cinque anni. Poco è cambiato da allora. C’è stato e c’è tanto impegno da parte di volontari, ma «dobbiamo amaramente ammettere che questo Paese, come altri, è ancora alle strette e che in Europa c’è chi persiste nel trattare il problema come un affare che non lo riguarda».

 

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Dice il Papa: «Quanti hotspot dove migranti e rifugiati vivono in condizioni che sono al limite, senza intravedere soluzioni all’orizzonte!». «È triste sentir proporre – continua – come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri. Certo, si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza. È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo».

 

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E ricorda ancora Wiesel che il 10 dicembre 1986, nel discorso di accettazione del Premio Nobel per la pace, disse: «Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in pericolo, i confini nazionali diventano irrilevanti». E allora perché, domanda Bergoglio, «invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?».

 

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«Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica!», risponde. E ancora: «Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi».

 

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È sotto gli occhi di tutti: il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, «sta diventando un freddo cimitero senza lapidi». Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, «sembra ora uno specchio di morte». «Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei Ricordi’ si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!».

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