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TERRA ARATA – L’EX CONSULENTE DELLA LEGA PER L’ENERGIA, IN CARCERE CON L’ACCUSA DI AVER FATTO AFFARI CON VITO NICASTRI, RICEVE LA VISITA DI MARIO GIARRUSSO (M5S) E SI DIFENDE: “VOLEVO SOLO INVESTIRE UN PO’ DI RISPARMI. LA VERA MAFIA È NEI RIFIUTI” – “SIRI È UN MIO AMICO, È UNA BRAVA PERSONA E VUOLE BENE AL MOVIMENTO” (QUALE MOVIMENTO?) – “NICASTRI? HO ACQUISTATO UNA SOCIETÀ E ME LO SONO RITROVATO DENTRO…”
Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Fa una smorfia, ha l' aria risentita quando vede entrare il senatore Cinque Stelle Mario Giarrusso nella sua cella, a Regina Coeli. «Voi mi avete attaccato, ma io sono innocente», sussurra Francesco Paolo Arata, l' ex consulente del ministro dell' Interno, il leghista Matteo Salvini, finito in carcere il 12 giugno con l' accusa di aver fatto affari con l' imprenditore siciliano Vito Nicastri, il "re" dell' eolico vicino ai clan.
Arata - ex professore di ecologia ed ex deputato di Forza Italia - è uomo di tanti misteri: secondo la procura di Roma avrebbe pure pagato una mazzetta all' ex sottosegretario leghista Armando Siri per agevolare i suoi affari siciliani nella terra del superlatitante Matteo Messina Denaro.
Ma Arata ribadisce: «Volevo solo investire un po' di risparmi. La vera mafia non è nell' eolico, in cui continuo a credere, ma nei rifiuti». E non difende solo se stesso e il figlio, pure lui finito in carcere. A un certo punto, Arata difende anche Siri: «È un mio amico, è una brava persona », ripete due volte. «E vuole bene al movimento». Cosa avrà voluto dire? I rapporti dell' ex consulente per l' energia di Salvini con il senatore Siri sono ancora tutti da decifrare. I pm di Roma stanno cercando le tracce di altre mazzette.
Questi misteri, il senatore catanese Giarrusso - il componente della commissione antimafia che il boss Graviano bollava in carcere come "pericoloso" - ha voluto guardarli in faccia. «Nessuna sfida, per carità, e non intendo sovrappormi alle indagini della magistratura - spiega - voglio solo capire». Così, ieri, intorno alle 16,30, è entrato con suo collaboratore in carcere. E ha chiesto ad Arata: «Vorrei capire come sia finito in questa storia siciliana».
Lui ha risposto: «Io sono da sempre innamorato della Sicilia e con alcuni investimenti volevo dare un reddito alla mia famiglia». E poi senza che nessuno gli avesse chiesto nulla, ha tirato fuori il nome di Nicastri. «Ho acquistato una società e me lo sono ritrovato dentro». Come se fosse una cosa normale diventare socio di un imprenditore a cui è stata fatta una confisca da 1,3 miliardi di euro. E ha ancora soldi da investire.
Ma un parlamentare in visita in carcere non può fare domande sulle indagini in corso, non può approfondire. In realtà, al momento, Arata non ha neanche tanta voglia di parlare. Tre giorni fa, davanti al gip, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ora, Giarrusso chiede ad Arata dei suoi trascorsi professionali. E lui si vanta dell' esperienza ventennale all' estero: «Il piano energetico degli Stati Uniti e quello dell' Arabia Saudita li ho fatti io».
L EMENDAMENTO PRO ARATA PROPOSTO DA ARMANDO SIRI AI LEGHISTI
I suoi compagni di cella, un nigeriano e un italiano arrestati per piccoli reati, lo guardano incuriositi. Arata ricorda con orgoglio anche il suo ruolo di tecnico chiamato dal ministro della Marina Mercantile Calogero Mannino, nel 1981. Amicizie rimaste intatte, dice l' indagine di Palermo: l' anno scorso Arata è andato proprio a casa di Mannino per chiedere di aprirgli le porte della Regione siciliana.
Ma lui continua a vantarsi dei suoi meriti di "tecnico". Al senatore Giarruso tiene a ribadire quanto aveva sostenuto due anni fa alla convention di Piacenza per il programma della Lega: «L' eolico, realizzato da piccole realtà locali e non dalle multinazionali, è la vera risorsa per lo sviluppo del paese». E poi si lancia in una requisitoria contro quella che lui ritiene la "vera mafia": «Io ho messo le mani nel settore dei rifiuti in Sicilia. Con il biometano volevo modernizzare e superare il sistema delle discariche. E sono finito nei guai». Ora, Arata evoca i poteri forti.
Poi, torna a sussurrare: «Sono addolorato per quello che sta vivendo mio figlio». Il senatore gli chiede delle sue condizioni in carcere. «Ho avuto due svenimenti», dice. Unico conforto, il regalo di un cardinale, un libro con dedica. Chi sarà mai questo cardinale? Arata aveva tante relazioni anche in Vaticano. Un' ultima frase, anche questa da interpretare: «Non tornerò mai più in Sicilia ».
Dice il senatore Giarrusso, uscendo dal carcere, dopo un' ora di colloquio: «Quando la magistratura avrà fatto il suo lavoro, Arata dovrà essere convocato dalla commissione Antimafia. Credo che abbia ancora tanto da raccontare».
francesco arata con manlio e vito nicastri
MARIO MICHELE GIARRUSSO
vito nicastri
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