DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”
Poggioreale, l' Ucciardone, Regina Coeli, Rebibbia, Trani, Parma, Bellizzi Irpino.
In ognuno di questi istituti di pena - famosi per il sovraffollamento o per i brindisi dei mafiosi o per le strutture di massima sicurezza, oppure per storiche rivolte o per vecchie gestioni finite sotto inchiesta - le condizioni di vita dei detenuti possono raggiungere, anzi, hanno raggiunto, livelli «inumani e degradanti». Tanto da consentire a qualcuno di ottenere sensibili sconti di pena e anche un po' di soldi di risarcimento.
È la storia di Patrizio Bosti, 62 anni, capoclan dei quartieri Vasto e Arenaccia, boss al vertice di quella Alleanza di Secondigliano che ha rappresentato e rappresenta il più potente cartello di cosche attive sul territorio cittadino.
Bosti fu arrestato il 10 agosto del 2008 in Spagna, a Girona, e tra residui di pena e condanne accumulate in cui era imputato per associazione di stampo camorristico, concorso in omicidio, estorsione e altri reati, sempre con l'aggravante della finalità mafiosa, sarebbe dovuto rimanere recluso fino al dicembre del 2023. Da qualche giorno, invece, ha lasciato il carcere di Parma, dove era detenuto al 41 bis, ed è tornato a Napoli, a casa sua, con il solo obbligo di firma cui dovrà sottoporsi per i prossimi nove anni. E non solo, lo Stato gli ha riconosciuto anche un risarcimento di oltre 2.600 euro.
Dietro l'anticipata scarcerazione del boss c' è un complesso meccanismo che si fonda in parte sui benefici concessi per il riconoscimento della buona condotta e molto su due sentenze, emesse la prima dal Tribunale di sorveglianza di Reggio Emilia e l' altra da quello analogo di Bologna.
Ai giudici i legali di Bosti si sono rivolti sostenendo per il loro assistito la detenzione in condizioni non in linea con quanto disposto dall' articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell' uomo. Nel dettagliatissimo ricorso presentato si fa riferimento al sovraffollamento delle celle, o alla mancanza di acqua calda, di docce interne e di riscaldamento. Ma anche alla carenza di socialità e alla costrizione di usare il bagno in modo promiscuo, e cioè anche per lavare le stoviglie .
Tutte ragioni ritenute evidentemente valide dai giudici chiamati ad esaminarle.
Anzi, se il Tribunale di Reggio Emilia aveva concesso a Bosti 286 giorni di liberazione anticipata come risarcimento di 2.868 giorni trascorsi in cella in condizioni inumane, quello di Bologna ha accolto l' ulteriore ricorso degli avvocati del boss, riconoscendogli altri 947 giorni di reclusione degradante e fissando una ulteriore riduzione di pena che gli ha permesso di essere scarcerato con oltre tre anni di anticipo.
E non è finita. Secondo i conteggi valutati dal giudice, Bosti sarebbe dovuto uscire anche prima. E quel periodo che ha passato in carcere «ingiustamente», in attesa che venisse emessa la sentenza, dovrà essere adesso monetizzato con un versamento di 2.672 euro che lo Stato, su disposizione del Tribunale, dovrà fare all' ormai ex detenuto.
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