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Gustavo Bialetti per “la Verità”
GIANNI ZONIN E VINCENZO CONSOLI
Per condannare i responsabili del crac della Popolare di Vicenza ci sono altri 10 anni a disposizione. Come La Verità giornale aveva scritto oltre un anno fa, a Gianni Zonin e alla sua corte era possibile contestare anche la bancarotta fraudolenta, e non solo i reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto.
Ieri il tribunale di Vicenza ha dichiarato lo stato di insolvenza dell' istituto, nel frattempo «sciolto nell' acido» in Intesa Sanpaolo assieme a Veneto Banca, e sottoposto a liquidazione coatta amministrativa. Con questa dichiarazione, la Procura può contestare i reati fallimentari e a questo punto rischia anche chi è venuto dopo Zonin e l'ex dg Samuele Sorato.
Con i tre reati contestati finora al vecchio management, nel 2021 la prescrizione avrebbe fatto scendere il sipario su uno scandalo che ha letteralmente azzerato gli investimenti di oltre 118.000 soci e bruciato 7 miliardi di risparmi, senza contare i soldi spesi dal contribuente. Ma quando l' ex ministro Pier Carlo Padoan, il 25 giugno 2017, ha disposto la liquidazione coatta amministrativa, La Verità ha scritto per prima che se i pm vicentini si fossero dati una mossa, avrebbero potuto contestare anche la bancarotta fraudolenta.
IL NUOVO HOTEL DI GIANNI ZONIN
Ieri è arrivata la sentenza che stabilisce che alla data di avvio della liquidazione lo squilibrio dei conti era pari a 3,5 miliardi di euro. Gli avvocati di Zonin hanno annunciato che impugneranno la sentenza, ma l'effetto più imprevedibile non riguarda l' ex patron, bensì i risanatori scelti dal centrosinistra. I pm non potranno non occuparsi anche dei due bilanci precedenti lo stato d' insolvenza, che non sono stati firmati da Zonin, dimessosi a novembre 2015, ma dai missi dominici di Padoan. E valuteranno se furono risanatori o «aggravatori».
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