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Gian Guido Vecchi per il "Corriere della Sera"
Appena un gesto a monsignor Guido Marini, come a dire aspetta un momento, variazione di programma, e lo stupore sul volto del cerimoniere pontificio, come della gente in fila, riflette una scena che in Vaticano nessuno ricorda di avere mai visto, in una cerimonia pubblica: il Papa, appena entrato nella basilica di San Pietro per confessare alcuni fedeli, che passa oltre il suo confessionale e si dirige a quello di fronte, dove un altro sacerdote aspetta ignaro altri fedeli: e si confessa anzitutto lui, Francesco, mostrandosi inginocchiato e a capo chino per due minuti e mezzo mentre si accosta al sacramento della penitenza.
Di per sé, che il Pontefice si confessi è ovvio e normale, tutti i Papi hanno avuto un confessore di fiducia e lo stesso Francesco, l'anno scorso, spiegò in un'udienza: «Anche il Papa si confessa perché anche il Papa è un peccatore! E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono...». Lo ricordava pure nell'intervista al direttore del Corriere , Ferruccio de Bortoli, a proposito del suo primo anno di Pontificato: «I bilanci li faccio solo ogni quindici giorni, con il mio confessore».
Ma è l'immagine del Papa mentre si confessa ad essere «una cosa enorme», mormorano in Vaticano. Del resto è il suo stile fin dall'inizio, da quando mantenne la croce pettorale di ferro e le vecchie scarpe ortopediche: Francesco procede con l'esempio. Più volte ha esortato i fedeli a «non avere paura di confessarsi», il mese scorso chiedeva: «Quando è stata l'ultima volta che ti sei confessato? Ognuno ci pensi... Sono due giorni, due settimane, due anni, vent'anni, quaranta? Ognuno faccia il conto... E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai, che il sacerdote sarà buono. à Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, ti riceve con tanto amore...».
Alle 17 di ieri, oltre al Papa, c'erano 61 sacerdoti pronti a confessare i fedeli, nella basilica vaticana, una «cerimonia penitenziale» per affermare il valore del sacramento. «Chi sperimenta la misericordia divina, è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri», ha spiegato Francesco. «In questi fratelli più piccoli Gesù ci aspetta: riceviamo misericordia e diamo misericordia». Durante la Quaresima «la Chiesa, a nome di Dio, rinnova l'appello alla conversione, a cambiare vita».
E a «fissare lo sguardo sull'essenziale», ha sillabato: «Dal cuore dell'uomo rinnovato secondo Dio provengono i comportamenti buoni: parlare sempre con verità ed evitare ogni menzogna; non rubare, ma piuttosto condividere quanto si possiede con gli altri, specialmente con chi è nel bisogno; non cedere all'ira, al rancore e alla vendetta, ma essere miti, magnanimi e pronti al perdono; non cadere nella maldicenza che rovina la buona fama delle persone...».
L'appello ai fedeli si accompagna alle raccomandazioni ai confessori, che Bergoglio aveva incontrato la mattina: «Il confessore accoglie i penitenti non con l'atteggiamento di un giudice e nemmeno di un semplice amico, ma con la carità di Dio». Perché «la misericordia è il cuore del Vangelo», l'essenziale che Francesco ha voluto mostrare con il suo gesto: «La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di misericordia».
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