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«Anche chi è venuto ad arrestarmi era alle mie cene». Approfitta del processo sul caso Maugeri il manager Pierangelo Daccò per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Daccò, in carcere da quattro anni e condannato in via definitiva a nove anni di reclusione per il crac del San Raffaele, ha preso la parola per una lunga dichiarazione spontanea nel processo milanese che vede imputato, tra gli altri, l' ex governatore di Lombardia e senatore Ncd Roberto Formigoni. E non le ha mandate a dire.
A cominciare dall' affondo sui partecipanti alle sue cene riferito, ha spiegato la sua difesa, non ai pm ma a qualche finanziere. Tesi smentita dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco che replica: nessuno dei militari della Gdf che hanno condotto le indagini sul caso Maugeri «è mai andato a cena con Daccò».
Il manager si è difeso a tutto campo. Ha spiegato di essere un «consulente» per la Maugeri e il San Raffaele, e che le sue «cene aperte» facevano parte del suo lavoro di relazioni: «Veniva gente che non conoscevo». Contro Formigoni nessun affondo: «Non c' è stato alcun rapporto corruttivo, è sempre stato un rapporto di amicizia e di rispetto reciproco, nelle mie vacanze ho invitato anche lui, pagavo io i soggiorni e per i trasferimenti ognuno pagava per sé».
FORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO
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