logomania

NO-LOGO ADDIO!- LE GRANDI GRIFFE SONO TORNATE ALLO STILE DEGLI ANNI NOVANTA PIAZZANDO I LORO LOGHI A CARATTERI CUBITALI SU TOP, CULOTTE, BORSE E GIACCONI - UNA TENDENZA CHE INTERESSA NON SOLO LA MODA, SEGUENDO L'IDEA CHE IL MARCHIO, A FURIA DI RIPETERSI, DIVENTA UNA SORTA DI 'MEME' CHE RESTA IMPRESSO NELLA MEMORIA COLLETTIVA

 

Anna Franco per 'il Messaggero'

 

la medusa di versace

Pioniere fu Gianni Versace, che fece della firma un business per felpe e t-shirt. Per la prossima primavera/estate c'è da dire che sua sorella Donatella ha abbondato nell'uso di fantasie e decori facilmente e indissolubilmente legati da sempre alla casa di moda.

 

Negli edonistici anni Ottanta e per buona parte dei Novanta il logo, scolpito sulle fibbie, stampato in modo chiaro su magliette, giacche e finanche sull'elastico dell'intimo era qualcosa da cui non si poteva prescindere se si voleva essere alla moda. Poi, ci fu il silenzio e il minimalismo di piccole etichette a segnalare in sordina quale fosse l'azienda che produceva il capo. Oggi i loghi la fanno nuovamente da padrone. 

 

gonna miu miu

Dior li propone sul bordo delle culotte sotto gonne di tulle o ne fa motivo decorativo di borse, giacconi optical e maglie. Miu Miu ne fa toppe che spiccano su tute e cappotti. La doppia C di Chanel campeggia su parka e borsoni, mentre Lanvin intreccia il suo nome come un motivo ornamentale. Fendi utilizza il suo segno distintivo per marchiare completamente bomber in pelliccia e maxi borse.

 

Per non parlare di Gucci, scritta utilizzata un po' in tutti i modi dal suo direttore creativo Alessandro Michele, e di Moschino, che campeggia su pelle, felpe e tulle. Per la bella stagione maschile ha debuttato Vlnt, il nuovo logo che rappresenta, in maniera più immediata, ma sempre con lo stesso font, la casa di moda Valentino. È stampato ben in vista su t-shirt, ma anche camicie. In ambito più sportivo Kappa ha mostrato i suoi omini come elemento distintivo di abiti ideati insieme al designer Danilo Paura e Fila ha fatto del suo nome una bandiera. 

 

gucci logo maglietta

Una tendenza, quello del marchio in vista, che non interessa solo la moda: «Anche nel mondo automobilistico - spiega Riccardo Notte, antropologo e docente all'Accademia di Brera - gli ultimi modelli si differenziano per il logo ingigantito. Si tratta di richiamare immediatamente un mondo e la narrazione a esso sottesa ed è un qualcosa utilizzato anche dagli stessi simboli religiosi».

 

Nella moda si tratta di un fenomeno che si è sviluppato soprattutto «da quando il web è diventato fenomeno globale della comunicazione. Simboli e forme sono prodotti e diffusi in quantità immensa e a velocità istantanea. Questo fa sì che difficilmente un'immagine possa rimanere fissata nella memoria». 

 

Come a dire che il web consuma foto e suoni, «mentre il logo, ripetuto ed enfatizzato, può diventare una sorta di meme che si impone sulla massa delle visioni e permette di farsi riconoscere».

 

giacca fendi

Allo stesso tempo Riccardo Notte sottolinea quanto un segno diventi il modo per distinguersi, ma anche segnalare come si faccia parte di una tribù. Nello specifico quella costituita da una certa griffe. «Negli anni Ottanta il logo era importante, perché trionfava il mondo visivo della tv. Oggi è stato sostituito da quello, altrettanto immaginifico, del web». 

 

Per la psicologa della moda Andrijana Popovic c'è anche da aggiungere che «adesso siamo quasi smarriti nel mondo, molteplice e altalenante, della moda. Avere indicazioni chiare e guidate rende più semplice muovercisi e crea una dipendenza inconsapevole, attraverso un legame emotivo fatto di ammiccamento di valori e di volontà di rispecchiarsi in qualcosa».

fila

 

In questo senso il corpo diventa quasi un foglio bianco per un testo «e la firma ben in vista una sorta di cultura popolare e di memoria dell'identità collettiva sviscerata all'esterno - continua la Popovic - In questo caso, acquistare per primi, possedere per primi il trofeo vistosamente griffato diventa la necessità per i cosiddetti fashion victim, che solo così si sentono eletti». 

 

Come tra i pochi eletti si sono sentiti coloro che, poco più di un anno fa, sono corsi ad acquistare la maglietta gialla con la scritta DHL (proprio quella della ditta di spedizioni) che Demna Gvasalia ha ideato per il brand Vetements, perché sapevano che quel simbolo, in quel caso, faceva riferimento all'azienda di moda e non a un servizio di consegna pacchi.

 

dhl vetements

Le priorità dei consumatori, quindi, si sono spostate, per una società in cui apparire in un certo modo in un selfie è d'obbligo. E la firma ben evidente è garanzia di like proprio come un buon filtro di Instagram. «La logomania ha senso - conclude Hélène Blignaut, saggista di costume e scrittrice di romanzi - perché funziona secondo lo stesso meccanismo della follia d'amore.

 

Non si vuole avere l'altro, ma lo si vuole essere e, quindi, ci si rispecchia nell'oggetto del desiderio fino al punto di voler diventare come lui».

 

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