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Elena Dusi per la Repubblica
congresso di babbo natale in danimarca 11
«Se un genitore riesce a mentire su qualcosa di così speciale e magico, come può continuare a essere considerato il guardiano della verità?» All’insegna del motto “gli adulti non mentono mai”, la prestigiosa rivista The Lancet Psychiatry interviene oggi nell’eterno dibattito su Babbo Natale.
E lo fa entrando a gamba tesa contro la “bugia” più diffusa e amata del mondo. Definendo “terrificante” l’idea che esista una struttura simil-Cia come «l’Agenzia di Sicurezza Nazionale del Polo Nord», in grado di stabilire per ogni bambino del mondo se è stato buono o cattivo. «Per poi arrivare a un giorno — sottolineano gli psicologi Christopher Boyle dell’Università di Exeter in Gran Bretagna e Kathy Mc-Kay di quella del New England in Australia — in cui i bambini scopriranno la verità. Che cioè i genitori gli hanno mentito per anni».
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Il climax è nel capitolo finale: se c’è qualcuno che prova piacere di fronte alla storia di Babbo Natale, questi sono gli adulti stessi, «che possono così tornare a un tempo in cui credevano che la magia fosse possibile». E, aggiungono i due psichiatri con una punta di cinismo, «mangiare i dolcetti che i bambini avevano preparato » per Babbo Natale la sera della vigilia.
«Se gli adulti desiderano rivivere la magia di Babbo Natale, vuol dire che il ricordo non è poi così terribile» sorride lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro, che nel suo libro L’antispocchia (Bompiani), ha pubblicato il racconto scritto quando suo figlio fu informato dai compagni di scuola che a Babbo Natale è inutile inviare lettere: «I bimbi hanno sempre avuto ragione, Babbo Natale esiste. Il fatto che nessuno l’abbia mai visto si spiega con il desiderio del caro vecchione di mostrarsi soltanto a chi non dorme ed è anche puro di cuore, due condizioni difficili da soddisfare nello stesso tempo in questo mondo. I piccoli, benché abbiano un cuore limpido, non ce la fanno proprio a tenere gli occhi aperti fino all’arrivo della slitta».
Come dimostrano millenni di favole, «i bambini hanno bisogno del pensiero magico» aggiunge Simonetta Gentile, responsabile della Psicologia clinica all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Fino a circa sei anni spiegano con la magia quel che non riescono a collegare scientificamente. Quando poi scoprono che Babbo Natale non esiste, non reagiscono con rabbia. Semmai c’è un po’ di dolore, ma fa parte del normale processo di crescita».
Il momento critico si presenta in genere tra i 7 e i 9 anni. Monica Castagnetti, consulente psicopedagogica del progetto Nati Per Leggere, ne ha incontrati tanti di bambini ai primi dubbi. «Il sospetto si insinua gradualmente. C’è una fase in cui realtà e magia convivono. Ci si rende conto che a portare i regali sono i genitori, ma si resta affezionati all’idea di Babbo Natale. Ci vuole tempo per maturare la scoperta e per potersi dire ad alta voce la verità. E se in famiglia c’è un figlio più piccolo, quello grande mantiene volentieri il segreto con lui». «Di persone in cura», conclude Scaparro, «ne ho avute tante. Ma no, proprio nessuna era rimasta traumatizzata da Babbo Natale ».
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