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Adelaide Pierucci per “il Messaggero”
Sente troppo caldo. La badante per ripicca sequestra la padrona di casa invalida che aveva dato ordine di non spegnere i termosifoni. Per liberare l'anziana e soprattutto bloccare l'assistente intollerante al caldo, gli agenti di polizia si sono dovuti calare dal tetto ed entrare da una finestra. Dieci ore in bilico tra terrore e follia e poi l'arresto per resistenza e oltraggio della donna, che a breve rischia di finire indagata anche per sequestro di persona, violenza privata e danneggiamento.
LA RICOSTRUZIONE
Teatro della vicenda, domenica, una villetta in zona Tomba di Nerone. La badante ribelle è una donna etiope sulla quarantina. Bella presenza, all'apparenza educata e devota, al terzo giorno di lavoro. Ha la sua stanza ed è in prova per dare supporto a una collega, pure lei impegnata a tempo pieno ad assistere la proprietaria della villa, vedova di un imprenditore del settore arredamenti, in via Gregorio VII, e purtroppo invalida a causa di una malattia che l'ha resa completamente dipendente di aiuto.
Alle due di notte, tra sabato e domenica, cominciano i primi segnali di insofferenza della badante. Si alza e stacca il riscaldamento. «Qui non si riesce a dormire, fa troppo caldo». La collega la invita a ripristinare l'impianto: «La signora è inferma. Ed è abituata a una temperatura standard». L'assistente etiope diventa sempre più insofferente. Comincia ad urlare, protesta. Alle sette del mattino così viene invitata a lasciare la casa se le disposizioni non sono di suo gradimento.
Ed è allora che succede il peggio. La donna comincia a staccare porte, getta tutto all'aria, urla a più non posso che lei non se ne andrà mai. E quindi si barrica in casa, obbligando la proprietaria, relegata su una sedia a rotelle, e in quel momento impossibilitata anche ad alzarsi dal letto, a restare chiusa in una stanza con l'altra assistente. «Non me ne vado. Ormai resto qua». Inutile l'intervento di un'amica della padrona di casa. È stato necessario chiamare la polizia.
IL SOCCORSO
VALENTINA CORTESE CON UNA DELLE SUE BADANTI
«Abbiamo sentito le urla - ha raccontato un vicino - Poi abbiamo visto due agenti calarsi dal tetto al terzo piano della villetta». Ma le trattative non sono finite là. La badante, ormai travolta da una crisi, si è denudata e ha preteso di restare in una stanza. Così è intervenuta dal commissariato Monte Mario una terza volante con una agente donna che potesse avvicinarla in quelle condizioni. «Mi sono barricata perché volevano allontanarmi. Non volevo sequestrare la signora».
La donna, però, niente affatto doma, ha prima preso a morsi un agente nella villa e poi ne ha aggredito un altro in commissariato. Nella stanza a lei riservata sono state trovate diverse immagini sacre, in particolare statuette, madonnine. L'anziana che avrebbe voluto assumerla, ora, assistita dall'avvocato Vittorio Balzani, si è riservata di presentare una querela per la violenza subita, i danneggiamenti, e far valutare l'ipotesi del sequestro, seppure non prolungato.
Ad aprile, un caso analogo, se possibile anzi più grave, si è concluso con l'arresto di un badante peruviano che per due anni aveva torturato il suo assistito, un romano di cinquant'anni affetto da disturbi psichici. Un calvario durato due anni e scoperto solo perché la vittima era riuscita a fuggire dalla ferrea vigilanza del suo aguzzino, nella sua casa a Nuovo Salario. Alle sei del mattino aveva suonato alla vicina, col viso insanguinato. «Mi aiuti. Ho paura».
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