DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”
«E' un ragazzo fortunato. Ma dovrà essere mentalmente robusto per sopravvivere. Ci sono mille trappole quando si eredita una montagna enorme di denaro». Hugh Grosvenor è il settimo duca di Westminster. E potremmo benissimo disinteressarci del fatto che gli tocca prendere il bastone di comando della sua nobilissima famiglia.
Quando però si parla dei Grosvenor occorre attenzione perché ci si imbatte nella più potente e nella più ricca casata dell' aristocrazia inglese. E allora il livello di guardia è normale che si alzi. Poi, la circostanza che un venticinquenne, tale è l' età di Hugh, diventi il primo immobiliarista del Regno Unito, dell' Europa e del mondo non è tale da essere archiviata in silenzio.
Hugh avrà per le mani un patrimonio personale che Forbes valuta in 8,3 miliardi di sterline e che per il Times sono 9,4 (undici miliardi di euro). Traduciamo con un esempio: 300 acri, 121 ettari nel centro di Londra, Mayfair e Belgravia, tutta l' area attorno a Buckingham Palace. Palazzi e terreni nella capitale. E non solo: nelle campagne, in Scozia, nel continente, in America, in Asia. Un tesoro controllato attraverso la società «Grosvenor Group».
Il patriarca dei Grosvenor, il sessantaquattrenne Gerald Cavendish Grosvenor, sesto duca di Westminster (titolo istituito dalla regina Vittoria), è morto all' improvviso e lo scettro va a Hugh che fino a ieri lavorava in un' azienda di biocombustibili. Gerald era il 68°miliardario al mondo, il terzo contribuente di Gran Bretagna, amico intimo dei Windsor e padrino al battesimo di William. Personaggio però che non rientrava pienamente nei cliché nobiliari.
Da ragazzo avrebbe voluto giocare a calcio e ne ebbe la possibilità col Fulham di Londra ma il papà, il quinto duca di Westminster, lui sì di vecchio stampo, bocciò inorridito l'idea: «Non è una carriera da aristocratici, con tutti quei baci che si danno dopo una rete…». E così a Gerald non restò che mettersi in riga e cominciare a occuparsi di quel patrimonio che i Grosvenor accumulano dal 1677 quando Mary Davies, appena dodicenne, fu promessa in sposa a sir Thomas Grosvenor e portò in dote le tenute che sarebbero diventate un giorno l'esclusivo quartiere di Mayfair.
Gerald, che acquisì il titolo di sesto duca di Westminster nel 1979, amava la sobrietà e poco l' ostentazione. Nell' intervista all' Independent del 1992 diceva: «Non sono vanitoso, so che a Londra mi definiscono avido ma lei conosce un proprietario di terre e di case che non è considerato o etichettato come avido? Sono onesto e duro, questo certamente. Tutti credono che la mia vita sia semplice. Non è vero. Avrei magari preferito non nascere ricco ma non disprezzo la ricchezza che ho, non mi sento in colpa. Che cosa mi piace di più? Stare con mia moglie e i miei figli». Era un filantropo, aveva un debole per le questioni militari e disprezzava Margaret Thatcher. «Insopportabile».
Adesso tocca a Hugh, il settimo duca di Westminster, padrino pure lui di un Windsor, del piccolo George, futuro re, rampollo di William e Kate. «Spero che impari la disciplina e che non si limiti alla bisboccia», gli disse il papà nel giorno del ventunesimo compleanno, festa da 5 milioni di sterline nella splendida tenuta dei Grosvenor di Heaton Hall nella campagna del Cheshire, 800 invitati. Il futuro dei Grosvenor è questo giovane ex playboy, che ora «dovrà essere mentalmente robusto», come raccomandò il genitore.
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