DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Jamie Schram per “New York Post”
jeffrey dahmer e christopher scarver
Il serial killer Jeffrey Dahmer aveva un incontrollabile appetito per la carne umana, e per la prima volta parla l’uomo che ventuno anni fa lo assassinò in prigione. Il cannibale doveva morire. Christopher Scarver lo odiava perché Dahmer era snervante, assemblava le ossa del cibo per minacciare gli altri detenuti, metteva pezzi di carne dove li avrebbero trovati, spruzzava il ketchup come fosse sangue. Dice Scarver: «Aveva superato ogni limite con chi stava in prigione, detenuti e staff. Alcuni in galera si pentono per ciò che hanno fatto, lui non era fra questi».
Scarver arrivò nella prigione del Wisconsin lo stesso anno del mostro di Milwaukee, nel 1992, sapendo bene che doveva tenersi a distanza di sicurezza. Il cannibale girava scortato da una guardia, proprio a causa delle frizioni con gli altri detenuti. Scarver non si avvicinava, per non diventare il bersaglio dell’umorismo malato di Jeffrey. Tutto cambiò una mattina del 28 novembre 1994. A Scarver, Dahmer, e a un terzo prigioniero di nome Jesse Anderson, furono tolte le manette perché dovevano pulire i bagni. I tre furono lasciati soli.
Scarver, che era disgustato dagli atti molesti di Dahmer, teneva in tasca una pagina di giornale dove si raccontava, nei dettagli, come il mostro avesse ucciso, smembrato e mangiato 17 uomini tra il 1978 e il 1991. Scarver aveva finito di passare lo straccio ed era andato a riempire d’acqua il secchio, quando si sentì picchiettare sulla schiena. Si voltò e gli altri due ridevano. I tre si separarono, Scarver seguì Dahmer nella zona degli armadietti, prese una spranga di ferro e gli mostrò la pagina di giornale, chiedendo se davvero avesse commesso quelle atrocità. Gli fracassò la testa. Poi fece lo stesso con Anderson.
Scarver ha sempre creduto che gli agenti lo avessero lasciato appositamente solo con Dahmer. Sapevano che lui lo detestava e lo volevano morto. Avrebbero dunque creato le condizioni affinché procedesse con l’omicidio. Scarver è stato condannato a due ergastoli, aggiunti a quello che si trovava a scontare per aver ucciso il suo datore di lavoro. Gli sparò alla testa, sentiva delle voci nel cervello, gli dicevano che era “il prescelto”. Attualmente è rinchiuso nel penitenziario del Colorado, scrive e pubblica poesie.
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