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LA "GEN-Z"? UN BRANCO DI TECNO-BEOTI - SEMBRERA' UN PARADOSSO MA I "NATIVI DIGITALI" SONO MENO PRATICI CON LE TECNOLOGIE RISPETTO ALLE GENERAZIONI PRECEDENTI - CON GLI SMARTPHONE, I COMPUTER E LE APP CHE SI FANNO SEMPRE PIU' AVANZATI, I GIOVANI HANNO MENO MANUALITA' CON I "DEVICE" - UN ESEMPIO? AL POSTO DI CERCARE FILE IN CARTELLE E SOTTOCARTELLE, BASTA FARE UNA RICERCA INTERNA AL COMPUTER - IL PROBLEMA E' CHE IL MONDO DEL LAVORO È ANCORA DOMINATO DALLE GENERAZIONI PRECEDENTI E…
Estratto dell'articolo Andrea Daniele Signorelli per “Domani”
Per la maggior parte dei millennial (e non solo), la classica metafora per spiegare com’è organizzato un computer è quella dell’albero. C’è un tronco principale, l’hard disk, da cui derivano alcuni rami (le cartelle, per esempio “documenti”, “download” o “scrivania”), da cui a loro volta nascono altri rami più piccoli, ovvero le sottocartelle […] Un’altra metafora spesso impiegata è quella dell’armadio, all’interno del quale ci sono compartimenti che a loro volta contengono i cassetti e così via […] Anche i meno ordinati tra noi hanno almeno un’idea di massima di quale sia l’area del computer da cui iniziare la ricerca.
Immaginate allora lo stupore – di cui ci sono numerosi resoconti su forum come Reddit – dei docenti di informatica che, alla richiesta di recuperare un file da una determinata cartella, si sono trovati alle prese con studenti delle superiori o dell’università che non sapevano come compiere quest’azione apparentemente elementare. Peggio ancora: non avevano la più pallida idea di che cosa ciò significasse.
Per le generazioni più giovani, il concetto di cartelle e sottocartelle è spesso alieno. […] Secondo le testimonianze raccolte in un’inchiesta di The Verge, […] i ragazzi e le ragazze della Generazione Z tendono a salvare tutti i loro file sul desktop: migliaia di documenti, foto, video, ecc. archiviati (se così si può dire) in un unico posto.
ALBERATURE INVISIBILI
[…] Questo cambiamento nell’attitudine informatica degli studenti è stato osservato a partire dal 2015 circa, e riguarda di conseguenza chi è nato non prima dell’inizio degli anni Duemila: una generazione abituata, spesso fin dalla preadolescenza, a usare più lo smartphone del computer.
Non è un caso: sugli smartphone l’alberatura dei file è invisibile e (nel caso degli iPhone) quasi inaccessibile, sostituita da quella che un docente, sempre su Reddit, ha definito «l’astrazione del filesystem». Non sappiamo dove siano fisicamente salvate le foto sull’iPhone, sappiamo soltanto che compaiono aprendo l’applicazione Foto. Non abbiamo nemmeno bisogno di organizzare le fotografie in base agli anni o ai luoghi visitati, perché lo fanno iOS o Android per noi. Tutto ciò, per la generazione cresciuta con lo smartphone in mano, contribuisce inevitabilmente a rendere bizzarro il concetto stesso di albero dei file.
NUOVI METODI
Ci sono altri aspetti da prendere in considerazione. Sempre la Generazione Z è cresciuta ascoltando musica e guardando film in streaming, senza quindi la necessità – comune alle generazioni precedenti – di salvare film e album nelle apposite cartelle, magari dividendoli per artisti o registi. Abitudini necessarie per facilitare la ricerca, ma che oggi hanno in gran parte perso la loro utilità.
Questo vale a maggior ragione visto che i computer, col tempo, si sono dotati di sistemi di ricerca interni che hanno enormemente facilitato l’individuazione dei file, permettendo di ritrovarli anche se non si ha la più pallida idea di dove li si è salvati. […]
IL DIVARIO GENERAZIONALE
È un passo indietro? Da un certo punto di vista, sì: soprattutto per le ricadute professionali di questo cambiamento (su cui torneremo tra poco). Dall’altro, […] I tempi cambiano e le competenze anche. Rimproveriamo ai più giovani di non comprendere il concetto di directory e cartelle mentre loro stanno editando e montando dei video direttamente sullo smartphone. Disapproviamo la loro incapacità a usare Torrent, mentre per noi è indecifrabile l’utilizzo di TikTok o Instagram al posto di Google (come fa ormai il 40 per cento dei più giovani).
È un aspetto forse poco compreso da studi come quello condotto da Dell, secondo cui il 56 per cento delle persone tra 18 e 26 anni avrebbe «abilità digitali molto basilari o carenti». […] Il problema, per la Generazione Z, è che il mondo del lavoro – e in particolare degli uffici – è ancora dominato dalle generazioni precedenti, dai computer fissi, da hard disk esterni e addirittura da oggetti arcani come stampanti e scanner.
Tutto ciò produce situazioni che si fanno più bizzarre mano a mano che il divario generazionale si amplia. Per un informatico quarantenne che ha raccontato di aver messo un adesivo sul tasto di spegnimento di ogni computer dell’ufficio (per andare incontro alle difficoltà di giovanissimi abituati a chiudere fisicamente il portatile senza spegnere nulla), ci sono i boomer che rimangono sorpresi quando gli ultimi arrivati in azienda chiedono dove vada “appiccicato l’adesivo sulla lettera” (a quanto pare, la parola “francobollo” è in via d’estinzione).
TECH SHAMING
Restando al mondo tecnologico, questa dinamica professionale ha dato inevitabilmente vita a un termine specifico: “tech shaming”, far vergognare i più giovani della loro scarsa competenza digitale (rispetto ai parametri del passato). È probabilmente la stessa sensazione che parecchi quarantenni di oggi hanno provato quando, alle loro primissime esperienze in ufficio, si sono sentiti chiedere di spedire qualcosa via fax senza avere la minima idea di come funzionasse quell’aggeggio.
I dispositivi tecnologici cambiano e ciò che ieri sembrava normale oggi è preistoria. Se ne accorgeranno anche i ragazzi e le ragazze della Gen Z quando faranno “tech shaming” della generazione successiva alla loro. Una generazione che sarà cresciuta a visori in realtà aumentata o comandi vocali, e che magari non saprà nemmeno come scrivere su una tastiera.
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