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SEX WORKER DI TUTTA ITALIA, UNITEVI – A BOLOGNA LE LAVORATRICI DEL SESSO SI RADUNANO PER UN “CONGRESSO”: “SIAMO UNA SOCIETÀ PUTTANOFOBICA”. CHIEDONO DI ESSERE TUTELATE COME LAVORATRICI: PAGARE LE TASSE E NON ESSERE MARGINALIZZATE – E SE LA PRENDONO CON I SINDACI E LA LEGGE MERLIN: “SERVE SOLO A ISOLARCI” - VIDEO

 

 

 

Estratto dell’articolo di Emilio Marrese per “la Repubblica”

 

SEX WORKERS SPEAK OUT A BOLOGNA

[…] Stigma e diritti sono le parole che ripetono più spesso, le lavoratrici del sesso a convegno, in un tripudio di “tutt u ” e “alcun u di noi”, solo un paio di partecipanti in divisa da lavoro su un centinaio tra veterane e giovani leve. Essere riunite nell’Auditorium Enzo Biagi della Salaborsa in piazza Maggiore è già un riconoscimento ufficiale apprezzato: «Quando siamo partite i rapporti istituzionali neanche esistevano », rivendica Porpora Marcasciano, 66 anni, […] storica figura del Movimento trans oggi consigliera comunale a Bologna.

 

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Le sessoperaie militanti non chiedono comprensione per le loro scelte ma solo […] tutela come persone ed esseri umani, come chiunque altro lavori. Pagare le tasse per avere accesso ai servizi sanitari, agli affitti delle case, agli uffici di polizia dove poter denunciare le violenze subìte o i furti di immagini sul web senza che l’agente di turno le inviti a lasciar perdere, sminuisca, perfino derida.

 

«Siamo una società puttanofobica » dice Elettra dell’associazione Swipe, che rimpiange le case chiuse: «La legge Merlin aveva un senso nel 1958, oggi serve solo a isolarci: non potendo affittare appartamenti insieme aumentano i rischi e non riusciamo a fare cooperativa e rete. Lo spettro del favoreggiamento rende impossibile a chiunque aiutarci. I papponi del 2000 sono i palazzinari che affittano in nero solo alle prostitute con prezzi da sfruttamento».

 

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Vogliono essere “decriminalizzate”, questo è il mantra. Perché prostituirsi non è un reato, anche se in ogni memoria difensiva bisogna ricordarlo al giudice. Ma non basta, perché sono tanti altri i modi in cui la pena arriva: l’emarginazione e l’invisibilità sociale sono una galera. Alla platea viene letta la lettera di una detenuta trans di Reggio Emilia: «Entrare in carcere è come fare un salto indietro di trent’anni: nessun riconoscimento, nessuna certezza sulle terapie ormonali, nessun supporto psicologico e medico. Il mio corpo è oggetto di scherno e di desiderio da prendere con forza o violenza, da umiliare.

Sono stata quasi cancellata».

 

SEX WORKERS SPEAK OUT A BOLOGNA

[…] Se la prendono anche coi sindaci che credono di risolvere la questione a colpi di ordinanze: «Ogni mese in tutta Italia da destra e sinistra emanano atti illegittimi e incostituzionali per punire i saluti allusivi, le oscenità o l’abbigliamento indecoroso — denuncia l’avvocata Giulia Crivellini dell’associazione Certi Diritti — . La direzione in cui questo Paese vuole andare è drammaticamente pericolosa».

 

[…]  «In Svezia — rinforza Maria Virgilio del Gruppo Esperte/i — da che si è criminalizzato il cliente statisticamente non è diminuita la tratta, ma è aumentata la vulnerabilità delle sex worker e l’esposizione alla violenza anche istituzionale». Alla fine dei lavori era previsto un mini-corteo all’aperto. «Porca puttana diluvia», impreca una delegata.

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