leoncavallo sgomberato

''SGOMBERATE IL LEONKA, MA CASAPOUND È ANCORA LÀ" (COSA VI ASPETTAVATE DAGLI EREDI DEL MSI?) - DOPO 133 TENTATIVI, GLI AGENTI HANNO SGOMBERATO L'EX CARTIERA DI PROPRIETÀ DELLA FAMIGLIA CABASSI, OCCUPATA DAL 1994 - IL SINDACO SALA ACCUSA DI NON ESSERE STATO INFORMATO DELL'OPERAZIONE, ANTICIPATA A IERI (SI SAREBBE DOVUTA TENERE IL 9 SETTEMBRE: MEJO APPROFITTARE DELLA SETTIMANA DI FERRAGOSTO) - MELONI E SALVINI ESULTANO - IL PASSATO AL "LEONKA" DEL LEADER DELLA LEGA, CHE UN TEMPO FREQUENTAVA LO STABILE OCCUPATO...

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Estratto dell'articolo di Carmine R. Guarino e Miriam Romano per "la Repubblica"

 

sgombero del leoncavallo foto lapresse 7

Alle 11,31, mentre il cielo si fa buio per le nuvole, dalla folla si alza un urlo: «Viva il Leoncavallo». Il grido rimbomba davanti a carabinieri e poliziotti schierati. Un minuto di applausi, poi un'altra voce: «Riprendiamocelo». Un po' una promessa di rinascita, un po' un addio. Perché da ieri il Leonka, il centro sociale più famoso di Milano e d'Italia, non c'è più.

 

Dopo centotrentatré tentativi di sgombero, dopo cinquant'anni di storia, alla fine lo sfratto è arrivato. Agenti e militari si presentano alle 8,50 in via Watteau, quartiere Greco, e sbarrano le strade d'accesso all'ex cartiera di proprietà della famiglia Cabassi, in quel momento vuota. Blindati al di qua dei due ponti, carabinieri al di là della soprelevata su cui passano i treni.

sgombero del leoncavallo foto lapresse 11

 

È un blitz a sorpresa, perché qui l'arrivo dell'ufficiale giudiziario era atteso per il 9 settembre. Almeno così era stato deciso lo scorso 15 luglio, giorno dell'ultimo tentativo di liberare il centro sociale, che era lì dal settembre del 1994. Un'accelerata che coglie di sorpresa anche il sindaco Beppe Sala.

 

«Mercoledì ho delegato il vicecomandante della polizia locale a partecipare al Comitato per l'ordine e la sicurezza. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo», fa sapere a metà mattina. Dicendo di aver «ricevuto stamattina dal Prefetto la notizia». Uno sgarbo istituzionale che Sala non manca di evidenziare: «Per un'operazione di tale delicatezza c'erano molti modi per avvertire l'amministrazione». Ma lo sfratto — il primo tentativo era stato fatto l'11 marzo del 2005 — è ormai fatto. Per la gioia del governo.

 

MATTEO SALVINI IN DIFESA DEL LEONCAVALLO

«In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque», esulta la presidente del consiglio Giorgia Meloni. Le fa eco Matteo Salvini, che trent'anni fa, da consigliere comunale, quasi difendeva i ragazzi del Leonka.

 

«Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!» le parole affidate a un tweet. «Lo sgombero segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent'anni quell'immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto a risarcire i danni dell'occupazione», il commento del ministro dell'interno, Matteo Piantedosi.

 

Che ricorda come il Viminale a novembre sia stato condannato a dare più di tre milioni e trecentomila euro alla famiglia Cabassi per gli sgomberi mancati. Proprio quella sentenza potrebbe aver portato all'accelerazione, insieme alla decisione di Alleanza Verdi Sinistra di tenere al Leoncavallo la sua festa nazionale a settembre. Un'iniziativa che pare non sia piaciuta granché al ministero.

 

sgombero del leoncavallo foto lapresse 4

«CasaPound dov'è? E ancora là», urla poco dopo le 13 qualche manifestante fuori dal centro sociale — sono una cinquantina in tutto — mentre poliziotti e carabinieri si danno il cambio. «Occupare uno spazio altrui è illegale. Lo sgombero per noi non è un'operazione politica, ma di giustizia. Non c'è differenza tra occupazioni di sinistra o destra», la linea del ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

 

Mentre da CasaPound parlano di «strumentalizzazione» perché lo spazio occupato da loro nella capitale non è una proprietà privata. Cosa ne sarà ora del centro sociale è un rebus. «Speriamo che non sia la fine, ma adesso è molto più difficile», l'amarezza di Marina Boer, presidente dell'associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo. Resta in piedi l'ipotesi di un trasloco in via San Dionigi in uno spazio da bonificare: «Avevamo continuato con i responsabili un confronto che portasse alla piena legalità», rimarca Sala. [...]

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