RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
FIORENZA SARZANINI, MONICA GUERZONI per il Corriere della Sera
Un metro di distanza nel locale, due metri sulla pista: a cinque giorni dalla riapertura delle discoteche, le Regioni fissano le regole. E decidono che si ballerà soltanto all'aperto. È l'ultima fase, quella che libera l'Italia da ogni vincolo e divieto dopo l'emergenza coronavirus. Da lunedì si potrà andare al cinema e a teatro, partecipare a eventi e convegni, scommettere e giocare a bingo. I numeri dicono che ormai quasi il 90% tra bar e ristoranti ha ripreso l'attività, mentre il 60% degli alberghi è ancora chiuso.
Ma il vero problema sono gli incassi perché La Fipe stima un calo delle entrate che supera il 50%. Il Dpcm che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte firmerà entro venerdì sarà più snello rispetto ai precedenti e conterrà le misure sulla scuola, sui viaggi all'estero e sulle precauzioni di tipo sanitario. Ieri i sindaci di tutta Italia hanno incontrato la ministra Luciana Lamorgese e avvisato il governo: servono più controlli di polizia per gestire la movida.
Anche nelle discoteche vale il divieto di assembramento e dunque «si devono riorganizzare gli spazi, per garantire l'accesso in modo ordinato e garantire almeno 1 metro tra gli utenti e almeno 2 metri tra chi accede alla pista da ballo. Se possibile si devono organizzare percorsi separati per l'entrata e l'uscita». E chi vuole ballare potrà farlo solo «negli spazi esterni come giardini e terrazze». I clienti «dovranno indossare la mascherina negli ambienti al chiuso e all'esterno tutte le volte che non è possibile rispettare la distanza interpersonale di 1 metro. Il personale di servizio deve utilizzare la mascherina. Non è consentita la consumazione di bevande al banco».
Se le regole per cinema e teatri erano già state stabilite due settimane fa, quelle per i convegni sono state appena decise. Si prevede che «gli uditori e il personale addetto all'assistenza (accettazione, tecnici, tutor d'aula) dovranno indossare la mascherina per tutta la durata delle attività.
Nelle aree poster bisogna riorganizzare gli spazi in modo da favorire il rispetto del distanziamento interpersonale, valutando il contingentamento degli accessi, e promuovere la fruizione in remoto del materiale da parte dei partecipanti. Eventuali materiali informativi e scientifici potranno essere resi disponibili preferibilmente in espositori con modalità self-service o ricorrendo a sistemi digitali».
La sfida dei locali pubblici dopo il lockdown passa da una riapertura pressoché totale. Secondo gli ultimi dati della Fipe soltanto il 3% dei ristoranti e il 2% dei bar non è tornato in attività. Questa voglia di ricominciare dei gestori non ha però avuto una risposta forte da parte dei clienti.
Per i ristoranti il calo degli incassi supera il 54% rispetto ai mesi precedenti all'epidemia di Covid-19 e per i bar è del 49,9%. Una crisi ben più grave viene denunciata da Federalberghi con il presidente Bernabò Bocca che pone l'accento su una «perdita di posti di lavoro pari a 118mila persone». La richiesta al governo è esplicita: «La stagione primaverile 2020 è andata in fumo e anche l'estate è a rischio. Servono interventi urgenti per salvare imprese e posti di lavoro.
Nonostante sia venuto meno il divieto di spostamento tra le regioni, solo il 40% degli alberghi italiani è attualmente aperto. E il 26,8% ha già deciso che rimarrà chiuso per tutto il mese di giugno. Solo il 78,9% degli alberghi italiani prevede di essere aperto ad agosto, nonostante si tratti tradizionalmente del mese clou per il mercato delle vacanze». In questo quadro il timore dei sindaci si concentra in particolare sulla movida incontrollata che - dicono - potrebbe causare un nuovo aumento dei contagi. La linea della ministra Lamorgese - confermata durante la videoconferenza alla quale ha partecipato anche il capo della polizia Franco Gabrielli - esclude una «militarizzazione» dei luoghi d'incontro favorendo «la sensibilizzazione verso comportamenti più responsabili».
Ma il presidente dell'Anci Antonio Decaro chiede una maggiore presenza della polizia perché, sottolinea «i sindaci non possono gestire gli effetti e i controlli derivanti da decisioni assunte in posti molto lontani dal territorio. Questa storia che il governo prima, le Regioni ora o perfino un istituto come quello superiore di sanità, dispongano e a noi tocchi ottemperare non la tolleriamo più. Quando il governo ci ha chiesto una mano ci siamo stati. Ora ci aspettiamo risorse e norme necessarie per gestire la situazione della ripartenza nelle nostre città».
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