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Paolo Berizzi per “la Repubblica”
La falla è una porta larga due metri e mezzo. Una porta di vetro, gli stipiti in ottone. Una porta ancora manuale (altre sono automatiche). Schiusa per 12 ore al giorno. Dalle 7.30 alle 19.30. Dal lunedì al sabato. Fino a nove mesi fa — 14 luglio 2014 — la falla era un po’ meno falla: perché prima anche via Manara — come gli altri tre ingressi del Palazzo di Giustizia — aveva il suo metal detector. Lo prevedeva il protocollo di sicurezza, materia di competenza della Procura Generale.
CLAUDIO GIARDIELLO CON LA FIGLIA
E dunque: via Manara, l’accesso dal quale ieri mattina il killer Claudio Giardiello scivola indisturbato con la sua pistola calibro 7.65, funzionava così. Al centro — da quel varco di 250 centimetri — entrava il pubblico. Per farlo doveva, in teoria nessuno escluso, sottoporsi ai controlli di rito: posare borsa e giaccone sul nastro del macchinario che “cattura” i metalli. Poi passare sotto “l’archetto”. Questo per i visitatori comuni.
A destra, dall’altro varco lì a fianco, più stretto, accedevano gli avvocati e i magistrati, e i dipendenti del Palazzo, e gli uomini delle forze dell’ordine. Per loro niente metal detector : bastava mostrare il tesserino di riconoscimento agli addetti alla sicurezza. Un’ottantina di vigilantes in tutto, dipendenti delle due società vincitrici dell’appalto con il Comune di Milano: Allsystem ( anche appalto per Expo) e Securpolice (a cui è affidato il presidio di via Manara). Di norma l’esibizione del tesserino (quattro tipi diversi) è una prassi sbrigativa: a volte troppo.
Che cosa succede il 14 luglio 2014? Perché diventa la data nella quale, volendo scavare sotto la superficie delle prime ricostruzioni, affonda le sue radici la strage di Milano? È tutto scritto sui pannelli affissi alle pareti di marmo dei quattro ingressi del Palazzo: corso di Porta Vittoria, via Freguglia, via San Barnaba, via Manara (gli altri tre varchi sono dei passi carrai e “di servizio” che si infilano nella pancia dell’edificio).
Nove mesi fa le “modalità di accesso” al Tribunale simbolo di Tangentopoli cambiano. L’avviso è lì, snocciolato nei cartelli in vista sui quattro avancorpi di un ex fortino che si scopre adesso un cubo di burro. Lo “snodo”? Ufficialmente: l’apertura del nuovo Ufficio relazioni con il pubblico e la fine dei lavori di ristrutturazione di corso di Porta Vittoria (ingresso principale del Palazzo). Si decide di “rivoluzionare” via Manara.
CLAUDIO GIARDIELLO ARRESTATO A VIMERCATE
La porta prescelta da Giardiello per avviare il suo piano omicida viene dedicata esclusivamente all’accesso dei magistrati, degli avvocati e del personale di Palazzo di Giustizia. “Previa esibizione del relativo tesserino”. Nella riorganizzazione sparisce il metal detector. Non serve più. Perché? Non solo il macchinario — che veniva utilizzato solo per la “bonifica” del pubblico — funzionava male (il che causava spesso l’ulteriore allungamento della fila di persone in attesa di transitare sotto l’archetto). Ma dal momento in cui si decide di riservare quell’ingresso ai soli addetti ai lavori (le categorie sopra elencate, esenti dai controlli elettronici) la presenza del metal detector, almeno sulla carta, perde di senso.
INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO
Il macchinario viene spostato sull’ingresso di corso di Porta Vittoria: l’unico dei quattro accessi ad avere, oggi, due rilevatori. Gli altri “archetti” — quattro erano e quattro sono rimasti — sono agli ingressi di via Freguglia e via San Barnaba. Torniamo a ieri mattina. Perché Giardiello sceglie di entrare da via Manara? La risposta è tanto elementare quanto inquietante. È l’unico ingresso dove non c’è (più) il metal detector.
Il solo dove la mente del killer, incendiata dalla rabbia e però lucida nel pianificare la morte, sa di avere chance di farla franca. Penetrare nel Tribunale senza che la pistola faccia scattare allarmi, svelata dai raggi X. Eccolo il progetto dell’imputato vendicatore: entro da Manara, faccio il lavoro, e fuggo sempre (forse) da Manara.
METAL DETECTOR - TRIBUNALE DI MILANO
Dice un uomo della sicurezza: «Non è una strage annunciata. Ma si poteva immaginare. Il fatto che da quell’ingresso adesso entri solo chi ha il tesserino, non rende quell’ingresso più sicuro, anzi ». Sentite perché. «Quando hai 4 mila persone che si presentano a una porta a passo svelto dalle 7.30 alle 15, senza sosta, la “prova del tesserino” non è il massimo livello di guardia possibile».
Raccontano i vigilantes di discussioni quotidiane. Con chi? Per esempio con avvocati troppo esuberanti, a volte talmente di fretta da considerare l’esibizione obbligatoria del badge una scocciatura. Avvocati che accedono spesso con due borse, «una loro e una del cliente». Che a volte dietro il paravento della tessera buttano lì un «lui è con me». Per far passare il cliente in scia. E buonanotte controlli. Poteva essere un «lui è con me» anche Giardiello, il “Conte Tacchia”.
Invece no: che cosa fa il killer? Sale i cinque gradini che portano alla “falla” di via Manara. O la va o la spacca. Perché, ma saranno le indagini a chiarirlo, nel flusso di addetti ai lavori non filtrati dal metal detector ( da lì l’hanno levato), passare con in tasca una pistola è difficile ma non impossibile. Facciamo di conto. Dalle 10 alle 12 mila persone entrano ogni giorno nel Tribunale. In media: 2,5-3 mila per ogni ingresso. Ogni ingresso è presidiato da quattro vigilantes. Uno solo è armato.
INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO
Ognuno dei quattro metal detector distribuiti sui tre ingressi necessita di due addetti: uno controlla il monitor, l’altro cura la persona al passaggio sotto l’archetto. È questo il sistema di sicurezza di Palazzo di Giustizia. Poteva essere ritenuto adeguato? Quanto non lo era? E soprattutto: perché scoprire un ingresso aprendo quello che si è trasformato in un buco da cui far scorrere il sangue?
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