RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Adelaide Pierucci per “il Messaggero”
Segnalazioni sì, ma senza esagerare. Anzi meglio lasciar perdere.
L' App creata anni fa dal Campidoglio, per denunciare al corpo della Polizia di Roma Capitale infrazioni al codice della strada, non è stata apprezzata dai vigili destinatari e, a quanto pare, neppure dai loro familiari.
Lo dimostra il caso che si è chiuso ieri al Tribunale di Roma. Il marito di una vigilessa ha patteggiato in aula una pena di due mesi di reclusione con l' accusa di minaccia aggravata per aver intimidito a morte, di notte e al telefono, un cittadino che, segnalando a ripetizione trasgressioni degli automobilisti, avrebbe portato a un sovraccarico di multe e di lavoro per la moglie. La vittima, un quarantenne del Quadraro, nella stessa udienza, è stato ammesso come parte civile. E ora conta di ottenere un risarcimento dei danni.
La telefonata, finita sotto accusa è stata minacciosa: «Sei tu che chiami sempre i vigili a Centocelle? So dove abiti t' ammazzo, so qual è la tua macchina te la spacco, vengo sotto casa tua». Ma non solo: per la persona offesa non è stato facile esporsi con quelle segnalazioni di auto in doppia e tripla fila o abbandonate qua e là nel quartiere.
Si è ritrovato a sua volta multato ingiustamente, bersaglio di citofonate e telefonate notturne, di biglietti minatori e alla fine persino denunciato dai vigili per interruzione di pubblico servizio e falso. Procedimento poi archiviato, mentre se ne è aperto uno a carico del fronte opposto, appunto degli agenti di Roma Capitale. Anzi del marito di una vigilessa, perché, come è emerso, stanco di sapere che sua moglie, e relativo comando del V Gruppo, si ritrovassero con un surplus lavorativo per colpa dello spione si era spinto a pianificare la telefonata anonima notturna e la minaccia di morte. A chiedere il processo contro il marito premuroso è stato il pm Elena Neri. Non un procedimento isolato però.
Cinque vigili urbani dello stesso gruppo e nello stesso periodo erano appena finiti sul banco degli imputati per essersi rifiutati, nell' aprile 2016, di fare multe per divieto di sosta segnalate attraverso la App. In quel caso, il pm Erminio Amelio ha contestato l' omissione di atti d' ufficio. Il quarantenne del Quadraro, bersaglio di pizzini, però, non si è mai sentito uno spione.
Assistito nella battaglia legale dall' avvocato Donatella Amicucci, ha spiegato nella denuncia, di essere solo «un romano rispettoso delle regole. Visto - ha precisato - che è stato offerto un servizio specifico per segnalare le irregolarità ho deciso di utilizzarlo. Il problema è che non sempre chi non vuole vedere accetta dritte. La maggior parte delle volte sono stato richiamato per sentirmi dire: La prossima volta mandi un fax. Oppure Non abbiamo personale».
I guai per il quarantenne sono cominciati ben presto. A qualche mese dall' avvio dell' applicazione Io Segnalo voluta nel 2016 dall' allora comandante Raffaele Clemente. La telefonata minatoria notturna è datata 18 marzo 2016. Lui denuncia il giorno dopo. A maggio riceve una multa del 23 marzo. I vigili gli contestano un parcheggio contromano su una strada a senso unico, solo che la via è a senso alternato. Poi arrivano le citofonate notturne, e, a settembre, pure un pizzino lasciato sul portone: «Dato che chiami sempre i vigili, hai fatto fare le multe a centinaia senza motivo. Diamo fuoco a macchina e casa. Infame».
All' imputato è stato chiesto come avesse potuto avere il numero del cellulare del segnalatore. «Il suo numero circolava su biglietti in strada ed io l' ho preso in un bar. Gli abitanti erano stanchi di essere multati per colpa sua». Mentre il segnalatore non esclude che qualcuno abbia fatto circolare il numero, violando l' anonimato di IoSegnalo. Il marito della vigilessa al riguardo ha tenuto a precisare: «Mia moglie non sapeva nulla della mia chiamata. Capirà, lavora nel settore edilizia della Municipale. È stata una mia iniziativa. Uno sfogo».
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