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"SONO ROVINATO, HO DECISO DI SCOMPARIRE E CERCAVO IL TESORO DELL'ISOLA" - L'ASSURDA VICENDA DELL'IMPRENDITORE DEI MISTERI ED EX ARBITRO DAVIDE PECORELLI: I DEBITI, LA FUGA IN ALBANIA, LA SUA AUTO BRUCIATA PER SIMULARE DI ESSERE STATO AMMAZZATO, LA FAMIGLIA CHE LO CREDEVA ORMAI MORTO - POI È RICOMPARSO SU UN GOMMONE AL LARGO DI MONTECRISTO, RACCONTANDO UNA STORIA DA FILM...

Massimo Sanvito per “Libero Quotidiano

 

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Un mistero. Un enigma degno di un thriller psicologico di Hitchcock. Cappellino in tinta militare, occhiali alla moda, mascherina nera, capelli biondi spettinati. Davide Pecorelli è vivo e si confessa senza avvocati davanti a Raffaele Cantone, capo della Procura di Perugia.

 

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«Ho raccontato tutto quello che è successo in tutti questi nove mesi, non avevo nulla da nascondere e comunque ho commesso dei reati». Una storia davvero da film, quella di questo imprenditore attivo tra la Toscana e Umbria nel campo dei prodotti per parrucchieri ed estetisti, 45 anni, ex arbitro di calcio della sezione di Arezzo, una moglie e quattro figli, sparito nel nulla lo scorso dicembre in Albania e riemerso venerdì a bordo di un gommone in avaria al largo dell'isola del Giglio, mentre cercava di raggiungere Montecristo.

 

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«Ho deciso di scomparire perché travolto dai problemi economici. Sono praticamente rovinato», racconta a Cantone lunedì pomeriggio. Ma questo è solo l'inizio. Dicembre 2020. Pecorelli sale su un volo diretto a Tirana per affari, non è la prima volta visto che proprio in Albania ha aperto un'attività: vende laser per centri estetici molto costosi.

 

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All'aeroporto noleggia un'auto, che però - ecco il primo colpo di scena - a inizio gennaio viene trovata carbonizzata nei pressi di Puke, al difficile confine col Kosovo. All'interno spuntano addirittura delle ossa umane (che risulteranno trafugate da un cimitero), il suo cellulare e un portafoglio intatti. Il collegamento è immediato: qualcuno lo ha ucciso, povero Davide.

 

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Magari il suo lavoro aveva dato fastidio a qualcuno della malavita albanese. E però del cadavere, o dei suoi resti, nemmeno l'ombra. Mistero. Passano i giorni, le settimane, passano i mesi. Tutti, in primis la sua famiglia, lo credono morto. E invece no.

 

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Nessuno lo sa, ma Davide - perlomeno così ha raccontato a Cantone - si è rifugiato in una comunità di preti vicino a Medjugorie, grazie all'aiuto di un sacerdote cattolico conosciuto in Albania. Motivo: schiacciato dai debiti - la procura di Arezzo indaga su un crac -, ha deciso di lasciar perdere le proprie tracce.

 

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In realtà, nel frattempo agli inquirenti era rimasto il sospetto che fosse vivo: ci sarebbero state anche delle intercettazioni telefoniche a farlo pensare. La svolta arriva due domeniche fa. Quando la sua carta di credito, cointestata con la compagna albanese, segnala due prelievi da 250 euro a Roma. Lei ritrova un barlume di speranza, gli investigatori della Squadra Mobile drizzano le antenne: allora Pecorelli è in Italia.

 

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E, come detto, si materializza d'improvviso venerdì, nel mare grosso dell'arcipelago toscano, naufrago su un gommone - peraltro preso a nolo - alla deriva. Con sé ha un piccone, una vanga, una mappa con indicati alcuni punti dell'isola di Montecristo (dove tra l'altro è vietato l'attracco), documenti falsi che gli costano un'indagine per sostituzione di persona.

 

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Ha dormito due notti in un albergo proprio sull'isola del Giglio, come un turista qualsiasi. Poi, questa assurda caccia al tesoro. È lui stesso a raccontarlo in procura, a Perugia. Nella sua stanza saltano fuori oggetti che possono centrare con una passione per la numismatica.

 

Spunta anche un garage preso in affitto, probabilmente per custodirci i preziosi. Sembra un romanzo, ma è tutto agli atti. Secondo le indagini, l'ex imprenditore soffocato dai debiti sarebbe giunto a Roma a bordo di un pullman di pellegrini partito da Medjugorie, per poi raggiungere la Toscana in treno e infine prendere la via del mare.

 

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«I miei familiari non sapevano dove fossi, e il motivo della scomparsa non era certamente incassare il premio dell'assicurazione. Sono un imprenditore da trent'anni, l'ho sempre avuta. Il procuratore Cantone e il dottor Petrazzini (procuratore aggiunto, ndr) hanno preso atto dei reati che ho commesso anche in Albania», spiega lui dopo il faccia a faccia di tre ore a cui prende parte anche il capo della Squadra Mobile, Gianluca Boiano.

 

Per la sua scomparsa era stato aperto un fascicolo per omicidio volontario e traffico di droga. Il contenuto della deposizione sarà ora inviato alla procura di Grosseto, ma i magistrati perugini si metteranno in contatto anche con le autorità giudiziarie albanesi per eventuali aspetti di loro competenza. Oltre ai documenti falsi, Pecorelli rischia di dover rispondere anche di simulazione di omicidio all'estero.

 

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«Ci sono particolari tragici in questa vicenda, soprattutto per quanto riguarda la prima parte. Ora voglio andare dai miei figli, l'unica cosa certa è che non rifarò l'imprenditore in Italia», racconta a denti stretti dopo l'interrogatorio.

 

Un uomo che pare sfinito da una fuga lunga nove mesi, per scacciare i suoi stessi fantasmi, che ha logorato all'inverosimile la propria famiglia. Chissà quali altre sorprese riserverà, questa strana storia. Emergeranno altri dettagli, non certo il tesoro di Montecristo.