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Mara Rodella per il "Corriere della Sera"
Avrebbe fatto di tutto, per assecondarlo. E apparire ai suoi occhi come un ragazzino pronto per essere «grande». Perché lui, che di anni ne ha solo 13, in quello zio di 27 così spavaldo e impavido, ci vedeva il suo punto di riferimento, una sorta di modello da seguire e non solo durante le uscite di sera, in paese, insieme. Al punto da sparare, perché lui l'aveva convinto a farlo, contro il suo presunto rivale in amore.
La vicenda si è sviluppata a Montichiari, centro della Bassa bresciana orientale. È qui che venerdì sera, attorno alle 20.30, mentre cammina per strada, Manuel Poffa, operaio di 31 anni, viene avvicinato in bicicletta da qualcuno che gli punta una pistola e spara, colpendolo - miracolosamente - soltanto alla spalla, prima di allontanarsi a pedalate veloci.
la pistola calibro 22 recuperata dai carabinieri
A premere il grilletto, scopriranno i carabinieri a stretto giro, è stato un ragazzino di soli 13 anni. E ad armare la sua mano sarebbe stato lo zio materno, 27 anni, nessun precedente e senza un lavoro: lo stesso che stava aspettando il nipote non lontano dal punto dell'agguato, per controllare che tutto stesse andando secondo i suoi folli piani e riprendersi la pistola.
Una calibro 22 a tamburo detenuta illegalmente, priva di matricola e numero seriale, che i militari hanno sequestrato a casa sua nella stessa nottata. La sequenza si sarebbe consumata in poco più di un' ora.
pistola in mano a un minorenne
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, attorno alle 19.30 di venerdì sera, vittima e presunto «mandante» hanno litigato, nella piazza del paese, a causa della stessa ragazza contesa. Non era la prima volta che accadeva. Poco dopo l'uomo avrebbe consegnato l'arma al nipote: «Vai e sparagli», gli avrebbe detto, impartendogli disposizioni su come muoversi.
È stata la stessa vittima (ricoverata in prognosi riservata all'ospedale Civile di Brescia, non è in pericolo di vita) a fornire le prime informazioni agli inquirenti. Che sono riusciti a chiudere il cerchio dopo un'indagine lampo, fatta di interrogatori incrociati e con l'aiuto dei filmati cristallizzati dalle telecamere di sorveglianza.
Su disposizione del sostituto procuratore Alessio Bernardi, che ha firmato il provvedimento di fermo, lo zio è stato trasferito nel carcere di Canton Mombello: risponde di tentato omicidio, ricettazione e detenzione di arma clandestina.
Convocato in caserma, ha negato ogni addebito, salvo poi chiudersi nel silenzio all'arrivo del suo legale. Nelle prossime ore comparirà davanti al gip per l'interrogatorio di convalida.
Il nipote, provato e profondamente turbato, invece, ha ammesso tutto, fornendo una ricostruzione precisa dei fatti. Avrebbe premuto il grilletto senza nemmeno pensare di preciso dove avrebbe colpito. «Non credevo....»: no, pare proprio non si fosse reso conto delle conseguenze del suo gesto.
Affidato ai servizi sociali («che già seguivano entrambe le famiglie», conferma il sindaco, Marco Togni) è stato trasferito in una comunità protetta: anche lui risponde di tentato omicidio, pur non essendo penalmente imputabile.
Con i genitori originari di un'altra regione, a volte assenti per lavoro, il 13enne viveva a casa dei nonni. Un adolescente che spesso restava fuori fino a tardi la sera, molte volte in compagnia di ragazzi più grandi, lo zio in primis.
Quello zio che per lui rappresentava un modello di riferimento. E che ha assecondato fino al punto da arrivare a sparare.
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