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LA “TIKTOKIZZAZIONE” DELLA LINGUA ITALIANA – I SOCIAL MEDIA HANNO RESO IL LESSICO GIOVANILE PIU' "CONTAMINATO", CON INFLUENZE PROVENIENTI DA OGNI ANGOLO DEL MONDO (NON SOLO DALL’INGLESE) - NEL 2024 LA TRECCANI HA INSERITO TRA I NUOVI VOCABOLI I TERMINI "SLAYARE" (FARE UN OTTIMO LAVORO)) E "POV" (PUNTO DI VISTA SOGGETTIVO) - UN MISCHIONE MULTICULTURALE CHE SI ARRICCHISCE DI EMOJI, TORMENTONI E MEME CHE RENDONO LO SLANG INAFFERRABILE...
Estratto dell’articolo di Francesca Del Vecchio per “la Stampa”
IL VOCABOLARIO DELLE NUOVE GENERAZIONI
Nel 2024, la Treccani ha inserito tra i nuovi vocaboli i termini "slayare" (che significa "fare un ottimo lavoro") e "POV" (acronimo inglese di Point of view, per indicare un punto di vista soggettivo): espressioni mutuate dal linguaggio di TikTok e dei social media.
Sono solo due esempi di un linguaggio giovanile sempre più permeato da influenze della rete e da innesti multiculturali. […] Ma il linguaggio giovanile è al centro di studi da decenni, studi che hanno tracciato alcune caratteristiche comuni nel tempo, come spiega la sociolinguista Vera Gheno: «Una fortissima esterofilia, un interesse per le parole straniere mischiate alla morfologia italiana; l'invenzione di tormentoni che nascono, si impongono nell'uso e poi scompaiono in un tempo molto breve».
Secondo uno studio dell'Accademia della Crusca, infatti, il linguaggio dei giovani subisce un ricambio lessicale stimato intorno al 10-15% ogni anno. Altra caratteristica è «la manomissione di elementi studiati a scuola, come ad esempio l'uso della parola "sapiens" mutuata dal latino per chiamare gli anziani, oppure l'espressione "mettersi a pi greco mezzi" nel senso di mettersi a 90 gradi, cioè proni davanti a qualcuno».
È presente anche una fortissima coprolalia, cioè l'uso di parolacce […] Poi ci sono le emoticon e gli emoji. Nel linguaggio giovanile, spiega Gheno, «farei rientrare anche determinati gesti: fino a qualche anno fa, il segno del cuore si faceva con due mani. Adesso è sempre più comune il cosiddetto Korean Heart, usato anche da Michela Murgia, con il pollice e l'indice incrociati».
C'è anche una prossemica, «un modo di portare in giro il corpo, di salutarsi» […], precisa Gheno. Infatti, «che le nuove generazioni tendano a creare un codice proprio non è una novità: in sociologia la chiamiamo identità generazionale. E si basa su una serie di elementi in discontinuità con le generazioni precedenti», spiega Simone Tosoni, docente di Sociologia culturale alla Cattolica di Milano.
Si tratta di un meccanismo che serve a rispondere alla domanda "chi sono?", ma è anche «un atto contestativo di natura politico-sociale, si pensi al '68», ricorda Tosoni. Quel che ancora accomuna le neolingue giovanili è la difficoltà di essere compresa dagli adulti «ma se le generazioni pre-digitali avevano gli stessi mezzi di riferimento - la televisione, la radio, il cinema - i social e la rete hanno reso i processi più veloci e i linguaggi più difficili da decodificare», sostiene Tosoni.
«Oggi più di trent'anni fa - aggiunge Gheno - i giovani si ritrovano in un contesto infinitamente più complesso anche a causa della globalizzazione, oltre che dell'avvento del digitale. Facciamo l'esempio di una classe scolastica: i ragazzi e le ragazze sono esposti a un livello di diversity che tent'anni fa era inimmaginabile, con nuove migrazioni, vecchie migrazioni, una nuova percezione della neurotipicità, quindi è molto probabile avere un compagno autistico o neurodivergente in aula.
Oppure può esserci un amico musulmano, un'amica che ha un'altra lingua madre, può esserci una persona queer: in sintesi, oggi si è esposti a un'infinità di stimoli differenti e di fronte a tutta questa complessità il linguaggio giovanile si è molto di più allontanato da quello delle generazioni precedenti producendo una maggiore distanza intergenerazionale».
Continua Gheno: «Oggi più che mai i ragazzi sono accusati di avere poche parole, di non avere capacità di concentrazione, ma più che essere rimbecilliti come generazione è diventato molto più complesso il mondo che loro si trovano a gestire. E sono anche molto più vari gli stimoli linguistici. Negli Anni 80 e 90 il massimo dell'esotico era il Giappone. Adesso, per esempio, il rap e la trap spesso importano termini arabi. In altri ambiti è molto di moda l'influenza coreana, la Korean New Wave che ha fatto sì che in Italia arrivassero usi e costumi dalla Corea. Ma anche un ritorno all'uso di parole provenienti da dialetti retrostanti, a seconda del luogo in cui si vive».
[…] Uno studio della Cambridge University Press sostiene che il 60% degli adulti trova difficile comprendere il linguaggio utilizzato dai giovani online, mentre il 40% dei ragazzi afferma di evitare di usare certi termini con gli adulti per paura di essere fraintesi o giudicati.
Un ulteriore elemento, che spesso viene usato ai fini della propaganda politica, è la retorica della "cultura italiana in pericolo" a causa di contaminazioni linguistiche: «Le chiamerei ibridazioni - spiega ancora Gheno - e sono del tutto naturali in un mondo globalizzato. La cultura italiana - conclude - viene messa in pericolo dal mancato investimento su una scuola che possa davvero rispondere alla complessità del presente, dove non c'è un investimento sul multiculturalismo».
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