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TIRATE FUORI LE BUSTE PAGA: ORA IL VOSTRO COLLEGA NON VI POTRÀ NASCONDERE QUANTO GUADAGNA (O QUASI) - DITE ADDIO AL “SEGRETO SALARIALE”: OGNI LAVORATORE AVRÀ DIRITTO DI SAPERE QUANTO GUADAGNANO, IN MEDIA, I COLLEGHI NELLO STESSO RUOLO, DISTINTI PER GENERE: SE IL DIVARIO SUPERA IL 5% SENZA UNA GIUSTIFICAZIONE OGGETTIVA, L'AZIENDA DEVE CORREGGERE IL TIRO (PENA SANZIONI) - L’OBIETTIVO È DIMINUIRE IL DIVARIO RETRIBUTIVO FEMMINILE, MA SI FA PRESTO A ESULTARE: LE AZIENDE SOTTO I CENTO DIPENDENTI, DOVE CHI “PRETENDERÀ” DI OTTENERE QUELLO CHE GLI SPETTA RISCHIA, NON HANNO L’OBBLIGO DI…

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Estratto dell’articolo di Anna Maria Angelone per “la Stampa”

 

gender pay gap - divario salariale tra uomini e donne

Una mini-rivoluzione per milioni di lavoratori e aziende che può portare la fine del "segreto salariale" e del divario retributivo femminile. E, perfino, innescare una dinamica di aumento degli stipendi in Italia, fermi da anni. Le nuove regole europee sulla trasparenza salariale, in vigore dal 7 giugno 2026, segnano un passaggio decisivo per abbattere il gender pay gap.

 

Tanto che, in vista della scadenza, il ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone ha istituito un tavolo con le parti coinvolte. La sfida è notevole: ogni lavoratore avrà diritto di sapere quanto guadagnano, in media, i colleghi nello stesso ruolo, distinti per genere. E se tale divario supera il 5% senza una giustificazione oggettiva, l'azienda deve correggere il tiro (pena sanzioni).

 

gender pay gap - divario salariale tra uomini e donne

In l'Italia, l'Istat certifica che il gender pay gap ovvero il divario fra la busta paga di una donna rispetto al collega maschio in una posizione equivalente si aggira nell'ordine del 5,6%. Ma se nel pubblico è al 5,2%, nel privato sale al 15,9%. […]

 

A rendere più sconsolante il quadro, ci sono i titoli di studio. I dati mostrano che si laureano più ragazze che ragazzi, con voti e tempi migliori. Eppure, a distanza di cinque anni, il gap rilevato in busta paga supera il 10% perfino per le laureate in informatica.

 

Che cosa cambia con le nuove norme? […] è prevista sia una «trasparenza preventiva» che una durante la carriera. In fase di selezione, gli annunci di lavoro dovranno riportare la fascia di retribuzione, eventuali parti variabili e altre voci da applicare in base contratto collettivo di riferimento.

 

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Durante i colloqui, inoltre, sarà vietato chiedere ai candidati lo «storico salariale» ovvero lo stipendio attuale o di precedenti impieghi (per evitare che scarsi riconoscimenti passati possano penalizzare anche il futuro).

 

Per chi è assunto, invece, è introdotto il «diritto alla trasparenza salariale»: ogni dipendente (da solo o tramite i rappresentanti dei lavoratori o un organismo per la parità) può chiedere e ricevere (entro due mesi) informazioni chiare su strutture e criteri retributivi usati in azienda, sui livelli salariali individuali e medi, ripartiti per genere. Non si conoscerà il cedolino del vicino di scrivania (si tratta di dati aggregati nel rispetto della privacy) ma quanto guadagna, in media, un collega nella stessa posizione o equivalente. Comunque, un'asticella per valutare quanto la busta paga a fine mese è in linea o no.

 

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Per i datori di lavoro, scattano vari adempimenti. Spetta a loro istituire un canale per le domande e il monitoraggio interno dei compensi.

Le aziende devono anche produrre report periodici sui propri livelli retributivi: per le grandi (oltre 250 dipendenti) con cadenza annuale, per le medie (fra i 150 e i 249 dipendenti) ogni tre anni. Lo stesso intervallo si applica a quelle fra 100 e 149 dipendenti ma avranno più tempo per mettersi in regola. Le più piccole, assenti nel report, sono comunque tenute a garantire trasparenza individuale ai fini della parità.

donne in carriera 1

 

Quante sono pronte a farlo? Secondo l'ultima Global Pay transparency, realizzata dalla società di consulenza globale Mercer, oggi solo il 7% delle aziende europee ha già un piano strutturato: meno di una su dieci. E l'Italia non fa eccezione.

 

«La direttiva inciderà decisamente sui processi aziendali ma, dal punto di vista del nostro osservatorio, sono molto poche quelle che hanno pianificato come fare», spiega Guido Cutillo, founder della Cutillo & Partners nonché direttore del corso in Executive compensation e governance alla Luiss Business School. «Le più grandi lavorano già da qualche anno per comprendere il fenomeno e gestirlo. Ma sulle più piccole c'è molto lavoro. Sono indietro».

 

disoccupazione femminile 2

Un passaggio chiave (e non così semplice) riguarda i criteri di valutazione del lavoro oggettivi. Le aziende dovranno misurare in modo omogeneo competenze, responsabilità, condizioni di lavoro, impegno dei dipendenti attraverso una mappatura di ruoli aziendali e livelli standard di inquadramento, in modo da avere parametri di riferimento uguali.

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