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“MIO FIGLIO MI RACCONTAVA CHE SUBIVA SCHIAFFI E PUGNI. LA PSICOLOGA DICEVA: ‘NON GLI CREDA, È DISABILE” – A TORINO, UNA MADRE HA SCOPERTO (DOPO AVER LETTO LE INTERCETTAZIONI PUBBLICATE DA “LA STAMPA”) CHE IL FIGLIO, CHE SOFFRE DI DISABILITÀ PSICHICHE, VENIVA PICCHIATO, INSULTATO E UMILIATO DAGLI OPERATORI SOCIOSANITARI NELLA COMUNITÀ MAURIZIANA DI LUSERNA SAN GIOVANNI - SETTE OPERATORI E UNA PSICOTERAPEUTA SONO INDAGATI PER MALTRATTAMENTI NEI CONFRONTI DEI PAZIENTI PSICHIATRICI...
Estratto dell’articolo di Giuseppe Legato per "la Stampa"
«Vuole che le dica come mi sento?». Certo. «Distrutta e piena di rabbia. Perché nostro figlio Francesco ci aveva raccontato - certo coi limiti di un ragazzo che ha disabilità psichiche - che veniva maltrattato. Aveva fatto capire che subiva schiaffi e pugni. E noi non gli abbiamo creduto fino in fondo. Siamo andati dalla psicologa che ci ha convinto che - in considerazione delle sue problematiche - non avremmo dovuto fidarci di quel racconto. Poi ho letto l'articolo deLa Stampa, quei particolari e ho iniziato a provare un dolore immenso e vi ho scritto».
Un dettaglio, un nome di battesimo (non il cognome) pubblicato sul giornale nella trasposizione di un atto giudiziario dell'inchiesta per maltrattamenti che ha portato agli arresti domiciliari cinque operatori sociosanitari e una psicoterapeuta della Comunità Mauriziana di Luserna San Giovanni, le ha fatto capire che in quella brutta storia non c'erano solo gli altri ospiti, ma anche suo figlio. […]
È il 29 maggio quando uno degli indagati viene intercettato da una microspia ambientale piazzata dai carabinieri del Nas nei locali della struttura: «Quando c'erano Francesco e Mauro - dice - Basaglia si sarebbe rivoltato nella tomba! Tutti a casa, se ci sono le telecamere tutti a casa!
Se ci sono da un mese o due o comunque se ci fossero da quando c'era Francesco tutti a casa: proprio perché quello gli dava calci pugni tutto, ma poi anche verbalmente non siamo in regola verbalmente». Il nome del figlio la fa sobbalzare.
Collega più fatti rimasti nel passato come ad esempio quella denuncia fatta da un Oss a carico del figlio che - sosteneva l'operatore - lo avrebbe aggredito: «Capisce?- si interroga - Questi lo prendevano a calci e pugni e poi mio figlio veniva denunciato…». La donna contatta il legale di fiducia, l'avvocato Giuseppe Lopedote, si apre un dialogo coi carabinieri e l'altro ieri sono in caserma a denunciare tutto.
Prima di andare dai militari la mamma è corsa da Francesco che adesso si trova in un'altra struttura, in provincia di Novara. Ha chiesto al giovane di raccontarle per una seconda volta ciò che lei e il padre avevano già sentito prima di settembre 2024, da quando cioè il ragazzo ha lasciato la comunità in cui sarebbero avvenuti gli orrori.
Lo ha registrato a ha consegnato il suo dolore ai militari. Gli atti sono già stati trasmessi in procura dove - è logico crederlo - l'inchiesta coordinata dai pm ed eseguita dal Nas si allargherà ad altri fatti. Ad altre potenziali vittime (al momento della discovery, dell'inchiesta erano sette ndr) di quel sistema di violenza che usciva dalle manovre cosiddette "di contenimento" a volte utilizzate per protocollo nei confronti di disabili psichici.
E sfociavano in maltrattamenti, vessazioni, minacce riprese dalle telecamere nascoste piazzate dagli investigatori.
[…] «Quando si è genitori di ragazzi così problematici si tende di per sé ad ascoltare con prudenza ciò che raccontano. A mettere un filtro. Io e il papà di Francesco avevamo notato l'insistenza con cui riproponeva i concetti e ne avevamo parlato in struttura». Risultato? «Ci hanno risposto che aveva avuto atteggiamenti aggressivi in più occasioni e che quindi bisognava contenerlo. La domanda è: cosa c'entrano schiaffi, pugni e mortificazioni con i protocolli di gestione del paziente?». […]
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