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Flavia Amabile per La Stampa
Centocinquanta anni dopo il Mosè ritrova la luce che Michelangelo gli aveva dato. E che un ripostiglio di scope gli aveva tolto nel 1867. Da una settimana i visitatori possono vedere la tomba di Giulio II custodita nella chiesa di San Pietro in Vincoli illuminata come il grande artista la creò cinque secoli fa.
L’impresa è riuscita grazie al sostegno del Gioco del Lotto e a un impianto di illuminazione che ricrea in timelapse una giornata del 1546, dall’alba al tramonto. Il progetto è stato promosso dalla Soprintendenza per il Colosseo e l’area archeologica centrale guidata da Francesco Prosperetti, l’impianto di luci è stato creato dal light-designer Mario Nanni, il lavoro di riscoperta del ruolo della luce sul Mosè si deve a Antonino Forcellino, storico, restauratore, una vita dedicata alla Tomba di Giulio II.
La finestra chiusa senza immaginare il danno artistico provocato, è stata virtualmente riaperta ponendo fine a una storia di indifferenza e ignoranza capace di oscurare uno dei tocchi di genio a cui Michelangelo ha consacrato la sua vita: la capacità di scolpire la luce. Antonio Forcellino si emoziona ogni volta che ne parla. «Erano due secoli che nessuno vedeva il Mosè - e la Tomba di Giulio II di cui fa parte - come lo aveva voluto il suo autore. È un regalo che faccio al mondo».
Ne aveva già fatto uno nel 2001, durante il precedente restauro. Si era reso conto che Michelangelo aveva girato la testa del Mosè venticinque anni dopo averlo scolpito. A fine agosto la Soprintendenza per il Colosseo e l’Area Archeologica di Roma gli ha affidato il nuovo intervento e il Gioco del Lotto ha deciso di finanziarlo. Doveva essere una semplice manutenzione, pochi mesi di acqua distillata per togliere la patina nera di polvere, umido e altri elementi inquinanti. Studiando i documenti e l’opera da vicino, è arrivato invece il tassello successivo: l’intero monumento ha un filo diretto con i raggi del sole, è scolpito pensando a come la pietra avrebbe reagito sotto la luce naturale, creando essa stessa una sua luce.
All’epoca di Michelangelo esistevano due finestre sulle pareti ai lati della tomba. Mosè fu scolpito voltato con lo sguardo rivolto alla finestra alla sua sinistra e sulla fronte arrivavano i raggi, simbolo della salvezza.
L’effetto finale è un chiaroscuro sul marmo. «E’ quello che Michelangelo usa già nei suoi quadri dosando il bianco - spiega Antonio Forcellino - Nel terminare le sculture sceglie con attenzione gli strumenti e il tipo di gesti. Quando vuole che la pietra assorba la luce usa solo la gradina, uno scalpello a denti di cane. Quando vuole maggiore luminosità usa la pomice che crea un effetto liscio sul marmo. Quando invece vuole lustrare e dare un effetto di preziosità alla pietra usa il piombo. Lo fa sul braccio del Mosè e sulla fronte, ad esempio, dove sa che andranno a cadere i raggi del sole. Da lontano sotto la luce sono le parti del monumento che appaiono più brillanti quando sono illuminate», racconta Antonio Forcellino.
Due secoli fa però accanto alla Basilica di San Pietro in Vincoli fu costruita la Facoltà di Ingegneria, una delle due finestre usate da Michelangelo come fonti di luce fu chiusa. Dall’altro lato fu creato un ripostiglio. Su Mosè e sulla tomba di Giulio II calò il buio, nascondendo - e poi facendo dimenticare - la raffinata maestria del chiaroscuro sul marmo creato da Michelangelo.
chiostro di san pietro in vincoli
Dopo la scoperta di Forcellino non verrà riaperta la finestra ma si è deciso di realizzare un impianto in grado di ricreare le condizioni di luce dei tempi di Michelangelo. Mario Nanni ha studiato la luce che batteva sulla basilica il giorno in cui Michelangelo decise di porvi il Mosè, ha seguito il percorso della luce nell’arco della giornata, l’effetto sul marmo del monumento, e ha ricreato un’illuminazione rispettosa del genio dell’unico artista al mondo capace di scolpire con i raggi del sole. Chiunque potrà vedere l’effetto finale, il monumento è visitabile (senza biglietto) nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma.
E chissà che il genio di Michelangelo non riservi ancora sorprese in futuro. Come commenta il Soprintendente Francesco Prosperetti che definisce quello della Tomba di Giulio II un <cantiere di ricerca, così come dovrebbe essere ogni restauro, anche se purtroppo non sempre accade>. Per questo motivo, avverte, <la parte Michelangelo ci ha riservato importanti scoperte e novità e la Tomba di Giulio II non finisce mai di stupirci ben aldilà della meravigliosa statua di Mosè».
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