DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Tiziana Paolocci per ‘il Giornale’
Stavano per «imbiancare» tutta l' area sud della capitale e avevano già preso contatti con i narcos della Colombia per farsi mandare 7 tonnellate di «neve» purissima.
Cocaina che sarebbe arrivata a Roma su voli privati.
Ma ieri i carabinieri della compagnia Casilina hanno sferrato un altro duro colpo al clan dei Casamonica e hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare tra Roma, Trapani, Foggia, Voghera, Paola, Nuoro e Tornimparte (L' Aquila) su richiesta della Dda nei confronti di 22 persone. Si tratta di 21 ordinanze in carcere e una agli arresti domiciliari.
L' inchiesta è partita nel gennaio 2017 e ha consentito ai carabinieri di accertare l' esistenza di un' associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, strutturata su un gruppo criminale a connotazione familiare che operava principalmente nei siti di via del Quadraro e Porta Furba a Roma, entrambi gestiti dai Casamonica, che erano punti di smistamento della cocaina al dettaglio e importanti punti di snodo dei traffici di stupefacente.
FERRARI E FIORI AL FUNERALE CASAMONICA
Oltre ai vertici riconducibili ai Casamonica, l' organizzazione poteva contare su parenti e altri individui, tutti italiani, che avevano ruoli ben precisi, come pusher o vedette. «Il dato di novità di quest' ultima operazione - spiega il gip Maria Paola Tomaselli - consiste nel fatto che i Casamonica agiscono, per la realizzazione dei fini del programma associativo, in base ad una struttura ramificata sul territorio e articolata in più piazze di spaccio, ma pur sempre operanti in un contesto unitario con al vertice delle rispettive articolazioni Domenico, Massimiliano e Salvatore Andrea Casamonica».
Era proprio quest' ultimo, già arrestato nel luglio del 2018, e tuttora detenuto in regime di 41 bis a Sassari che riforniva l' organizzazione di droga.
I pusher, che lavoravano per il vertice, nascondevano la droga anche dentro alla lavatrice ed è stata proprio la sbadataggine di uno di loro, che si occupava di spacciare al dettaglio la cocaina e ha avviato il lavaggio scoprendo solo dopo il guaio che aveva combinato, a permettere agli investigatori di ricostruire ruoli e gerarchie del clan.
Il 27 marzo 2017, infatti, telefona a una donna del clan. «Ho fatto 'na ca...ta - dice - ho messo tutto in lavatrice, so annato a casa ieri, avevo portato tutto su che c' era mi figlia, ho messo ehhh ho fatto la lavatrice, me so scordato, mo' che so' tornato su me so' reso conto che ho messo tutto dentro a lavatrice () me stai a capì che danno ho fatto manco, so a quanto ammonta er danno perché non c' ho er conto preciso, però adesso». «Ehh - gli risponde al telefono la donna - fatte er segno da croce, te lo dico».
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