DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Baroni per "La Stampa"
Si moltiplicano le crisi e le paure, tra gli italiani prevalgono la tristezza e la voglia di restare passivi e di colpo ci ritroviamo tutti post populisti e malinconici. Alle vulnerabilità economiche e sociali tipiche del nostro Paese, secondo il 56esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis presentato ieri, si aggiungono infatti «gli effetti deleteri» delle quattro crisi che nell'ultimo triennio si sono sovrapposte (la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell'Europa, l'alta inflazione, la morsa energetica) e la paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili. Da questo quadro «emerge una rinnovata domanda di prospettive di benessere - spiega il Rapporto - e si levano autentiche istanze di equità che non sono più liquidabili semplicisticamente come «populiste», come fossero aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico».
Aumentano i timori ed al tempo stesso la ripulsa per i privilegi. La quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l'impennata dell'inflazione durerà a lungo, il 76,4% ritiene che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari, il 69,3% teme che il proprio tenore di vita si abbasserà, il 64,4% sta intaccando i risparmi per fronteggiare l'inflazione. Cresce perciò la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi: per l'87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l'86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l'84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l'81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l'uso dei jet privati.
A fronte di questa situazione, però, non si registrano fiammate conflittuali, scioperi o manifestazioni di piazza, come pure si era temuto nei mesi passati. Si manifesta invece «una ritrazione silenziosa dei cittadini perduti della Repubblica», rileva il Censis citando il crollo dei votanti alle elezioni. La spiegazione è che per porzioni crescenti dei ceti popolari e della classe media il tradizionale intreccio «lavoro-benessere economico-democrazia» non funziona più.
Nell'immaginario collettivo negli ultimi tempi si è sedimentata la convinzione che a questo punto possa accadere di tutto, spiega il Censis, anche l'indicibile: il 61,1% teme che possa scoppiare un conflitto mondiale, il 58,8% che si ricorra all'arma nucleare, il 57,7% che l'Italia entri in guerra. L'84,5% degli italiani è convinto che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente e radicalmente la propria quotidianità e stravolgere i propri destini. E così quel «diaframma» che separa la grande storia e le microstorie delle vite individuali si assottiglia e la percezione di rischi «ci fa sentire come impotenti, al di là di ogni iniziativa di prevenzione» possibile.
Oggi il 66,5% degli italiani (10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid) si sente insicuro. Teme la guerra (46,2%), la crisi economica (45%), i virus letali (37,7%) e le nuove minacce biologiche alla salute (26,6%), l'instabilità dei mercati internazionali (materie prime, prezzi dell'energia, ecc) per il 24,5% e poi gli eventi atmosferici catastrofici e gli attacchi informatici su vasta scala. Al vertice delle insicurezze personali degli italiani per il 53% c'è il rischio di non autosufficienza e invalidità, il 51,7% teme di rimanere vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia ed il 47,6% ha paura di perdere il lavoro e quindi di andare incontro a grandi difficoltà.
Quella del 2022 non sembra però una Italia sull'orlo di una crisi di nervi, segnata da diffuse espressioni di rabbia e da gravi tensioni sociali, segnala il Censis, «ma i meccanismi proiettivi tipici di una rampante società dei consumi hanno perso presa». Prevale piuttosto la voglia di essere sé stessi, con i propri limiti. E così non si seguono più le indicazioni degli influencer, non serve vestirsi alla moda, acquistare prodotti di prestigio o cercare di sembrare più giovani o più belli. E il 36,4% non è disposto a sacrificarsi per fare carriera nel lavoro e guadagnare di più e complessivamente, 8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambiare, diventare altro da sé, rinunciando all'autopromozione individuale.
Il bilancio? L'89,7% degli italiani dichiara che, pensando alla sequenza di pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza ed il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. Insomma «è la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente di un "io" sugli eventi e sul mondo, un "io" malinconicamente costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino».
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