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Estratto dell'articolo di Laura Anello per "La Stampa"
«Avevo 16 anni e due grandi incertezze: la prima riguardava la mia vocazione al sacerdozio, la seconda il mio orientamento sessuale. E lui, Giuseppe Rugolo, per tutti noi ragazzi semplicemente Peppe o Pe, il seminarista che si poneva come la nostra guida, era l'unica persona a cui avevo confidato tutto».
Comincia così una storia di abusi sessuali che da Enna – città nel cuore della Sicilia che pullula di confraternite e di chiese – sta scuotendo le gerarchie ecclesiastiche, arrivando fino al Vaticano. Un topolino che sta sgretolando una montagna di silenzi. Un battito di farfalla che sta scatenando l'uragano.
Protagonista Antonio Messina, oggi 31 anni, che ha trovato il coraggio di denunciare quattro anni - dal 2009 al 2013 – di violenze fisiche e manipolazioni psicologiche vissute dietro gli altari, nelle sacrestie, tra processioni, Ora pro nobis e profumo d'incenso. Una storia che ha già visto a marzo scorso, in primo grado, la condanna di Rugolo a quattro anni e mezzo di reclusione per gli abusi su Messina e altri due minorenni, e che adesso rischia di travolgere il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, bergogliano doc, cui la procura ha appena notificato l'avviso di chiusura delle indagini, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza.
ROSARIO GISANA - VESCOVO PIAZZA ARMERINA
Vescovo che – secondo le accuse – avrebbe offerto a Messina 25 mila euro per tacitare tutto. Vescovo al quale, alla vigilia della sentenza di primo grado su padre Rugolo, papa Francesco ha rivolto un elogio che a molte orecchie è suonato stonato, per non dire improvvido: «Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto».
La pensano diversamente i giudici del tribunale di Enna secondo i quali il vescovo «ometteva con ogni evidenza qualsivoglia seria iniziativa a tutela dei minori della sua comunità e dei loro genitori, facilitando l'attività predatoria già oggetto di segnalazione».
E adesso Messina, archeologo, animatore culturale, uomo di fede, padre e fratello poliziotti, madre insegnante, attende ancora giustizia dalla Chiesa, dalla sua Chiesa. «Ho scritto tre lettere al Santo Padre, ma non ho mai avuto risposta. Oggi non ritengo possibile che sia all'oscuro degli avvenimenti».
Quando gli ha scritto?
«La prima volta nell'ottobre del 2020, il mio estremo tentativo di avere giustizia dalle autorità ecclesiastiche prima di rivolgermi all'autorità giudiziaria».
Che cosa gli chiedeva?
«Gli chiedevo udienza. Confidavo sinceramente in una risposta. Gli ho scritto di nuovo pochi giorni dopo la sentenza, dicendogli che le sue parole di difesa del vescovo mi avevano ferito, e ho inviato la stessa lettera al dicastero per la Dottrina della fede, a quello per il Clero, a quello per i Vescovi, allegando tutta la documentazione del processo. Ultima volta, nel settembre scorso, sono riuscito a far avere al Papa una mia lettera durante la sua missione apostolica a Bruxelles. Una missione in cui ha detto parole molto dure contro la pedofilia nella Chiesa e contro gli abusi».
Che cosa gli chiede adesso?
«Di incontrarlo. E di rimuovere il vescovo Gisana, che in un'intercettazione dice così: "Li conosciamo gli omosessuali. Amano o odiano in maniera viscerale. Questa è una pura vendetta da una persona che è stata respinta". Come se io e quell'uomo che mi ha violentato a 16 anni, che ha approfittato della mia fiducia, che mi ha sopraffatto fisicamente, avessimo una relazione consensuale».
PROTESTA A ENNA CONTRO DUE PRETI COINVOLTI NELLA VICENDA DI DON GIUSEPPE RUGOLO
Che cosa ricorda del giorno della prima violenza?
«Ogni dettaglio. Ero a colloquio privato con lui, uno di quei colloqui ai quali era vietato a tutti avvicinarsi. Eravamo in una classe della scuola elementare che in quel luglio del 2009 ospitava il Grest, il gruppo estivo della nostra parrocchia, quella di San Giovanni Battista. Gli stavo parlando ancora una volta della mia doppia crisi. Mi chiedevo se la scelta di diventare sacerdote potesse essere compatibile con quel che cominciavo a sentire come orientamento sessuale.
E lui a un certo punto mi fa: "Ho capito perché mi racconti questo, tu vuoi che io lasci il seminario per te". Io sulle prime non capii che cosa volesse dire, lì per lì pensai: forse vuole lasciare il seminario e incolpare me? Ma vidi apparire nel suo viso un'espressione di voracità sessuale che non ho mai dimenticato. Poi ci fu l'aggressione, e la violenza. Ero molto sottile, non avevo mai avuto rapporti. Corsi a prendere il bus per tornare a casa e mi feci subito una doccia, mi sentivo sporco dentro e fuori». [...]
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