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Clemente Pistilli per “la Repubblica”
A uccidere l’avvocato e blogger antimafia Mario Piccolino non è stata la camorra. Quel delitto non è stato neppure un avvertimento al Comune di Formia, in vista dei rilevanti affari in campo urbanistico che, con il nuovo Piano regolatore, si profilano nella città tirrenica.
Tutti i dubbi avanzati dalla stessa politica, dal 29 maggio scorso — giorno dell’esecuzione — a ieri pomeriggio, sono stati smentiti dalla Dda di Roma, che ha disposto il fermo di un imprenditore incensurato. E la verità è ancora più dura: il 71enne sarebbe stato ucciso da un uomo uscito sconfitto in una causa civile sul possesso di una grotta sull’isola di Ventotene.
Piccolino è stato freddato con un colpo di pistola alla fronte, sparato a bruciapelo con una pistola calibro 22, sulla porta del suo studio nel centro di Formia. Un omicidio all’apparenza di stampo camorristico, tanto che nello stesso Comune del sud pontino il sospetto circolato subito è stato quello che si trattasse di un avvertimento al sindaco Sandro Bartolomeo del Pd, molto legato all’avvocato-blogger che tramite il portale Freevillage denunciava il malaffare.
Per l’Antimafia invece l’autore di quella brutale esecuzione è Michele Rossi, 59 anni, originario di Cellole e residente a SS. Cosma e Damiano, paese vicino a Formia. Un incensurato, imprenditore agricolo, che proprio a Formia si era anche candidato alle elezioni amministrative, nel 2003 e nel 2008, prima con la Fiamma Tricolore e poi con La Destra. Rossi è stato fermato dalla Polizia, sulla strada che collega SS. Cosma e Damiano a Castelforte.
A firmare il provvedimento di fermo sono stati il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Michele Prestipino, e i sostituti Carlo Lasperanza e Alfredo Mattei. Fondamentale per gli inquirenti la testimonianza di un ingegnere che condivideva lo studio con la vittima e le immagini catturate dalle telecamere di sicurezza installate a Formia, che hanno immortalato l’indagato mentre si allontanava dal luogo del delitto e poi salire su un pick up.
Secondo gli inquirenti il movente è da ricercare in un contenzioso civile seguito dall’avvocato Piccolino, che vedeva contrapposti dei clienti del legale a Rossi per la proprietà di una grotta a Ventotene, da cui l’imprenditore era uscito sconfitto.
«Che la vicenda avesse travalicato i limiti del normale contenzioso — specificano gli investigatori — è dimostrato anche dal fatto che il 22 settembre 2014 l’avvocato Piccolino aveva pubblicato sul suo blog un pungente articolo, che richiamava l’esito dell’intera vicenda». Al momento dell’arresto Rossi è rimasto impassibile e attende ora, in carcere, di essere interrogato dal gip. La Mobile ha inoltre perquisito la casa dell’imprenditore e quella di suo fratello.
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